Il diamante nero

Torino cambia pelle, quindi lasciatemi soffermare su immagini e aneddoti della pelle vecchia con lo stesso nostalgico piacere con cui guardiamo (noi anziani) le foto in bianco e nero della Torino di una volta. Porta Palazzo, ad esempio, sta mutando a velocità impressionante. Sono sempre di più gli stand vuoti nei due padiglioni coperti. Le bancarelle all’aperto del mercato ortofrutticolo sono ormai quasi tutte in mano ai grossisti dei mercati generali, che le danno in gestione ai nordafricani. Risultato: stessi prodotti e stessi prezzi su quasi tutta la piazza. E calo delle postazioni: ormai c’è un largo spazio vuoto in mezzo ai banchi, come la ‘piazza’ di un uomo semicalvo.

Ma la mia solita rarità l’ho ancora trovata: il pecorino di Gavoi “fuori etichetta”, cioè non del consorzio “Fiore Sardo” e quindi bello nero, affumicato davvero, mica verniciato. Lo porta dalla Sardegna ogni tot mesi (tot imprevedibile e mai uguale) un pastore di Macomer che fece il militare a Torino, e lo dà a due negozi di Porta Pila. Solo quei due. Scarica dalla sua R4 targata Cartagine (privata di tutti i sedili meno quello di guida) non più di dieci forme a bottega. Pagamento sull’unghia. Niente nome e niente telefono.

Me lo vedo questo Efisio (nome di fantasia) che gira il Supramonte a raccogliere dai pastori questi tesori, ne riempie l’auto fino all’inverosimile e parte col traghetto Olbia-Livorno. Sulla strada per Torino ha una ventina di clienti da rifornire, più qualche gabelliere a cui pagare in forme il 'vada pure'. Cinque quintali di squisitezza senza certificati, etichette o fatture. E non venitemi a dire “eh, ma se tutti facessero così…”. Lasciatemi il sapore dell’eccezione.

collino@cronacaqui.it