Atto di Fedez

L’opposizione è scivolata ancora una volta sulla sua supponenza. Molti suoi esponenti, prima di queste regionali, avevano dichiarato, fidandosi dei sondaggi amici che li davano per vincitori, che i risultati “avrebbero avuto un forte valore politico”. Invece è andata in modo opposto, e adesso si affannano a belare che sono “risultati locali senza valore nazionale”. Evidentemente l’Italia non gradisce una sinistra litigiosa e disunita in tutto, meno che nel promettere “lotta dura e intransigente” alla Meloni. Un’opposizione rosicona e mai propositiva che ha trascorso i primi cento giorni di governo della Meloni solo a morderle i piedi ad ogni frase, vestito, quisquilia. Un Pd che, dimenticando la dura intransigenza del Pci (che si oppose alle trattative nel caso Moro) ha strizzato l’occhio agli anarchici e alle mafie andando a trovare il terrorista Cospito in carcere e auspicando la revisione o addirittura l’abolizione del 41 bis. Si sono fidati troppo del loro controllo sulla Tv: la campagna elettorale dell’ultima settimana l’hanno fatta (loro che accusano la destra di populismo) tutta sul palco di Sanremo, evento nazionalpopolare come altri mai. E lì hanno sciorinato i loro “temi forti”, facendo parlare solo amici loro. Accusano la destra di nazionalismo, poi precettano in teatro per la prima volta nella storia il Presidente della Repubblica (quel Mattarella ex vice di D’Alema e cofondatore del Pd) e suonano per due volte l’inno nazionale. All’Ariston hanno esaltato tutti temi più indigesti agli italiani: il gender fluid, l’accoglienza indiscriminata, la trasgressione, l’aggressività, fino a far simulare a Fedez un coito anale in platea. E gli italiani li hanno ripagati nell’urna. collino@cronacaqui.it