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Il processo
08 Maggio 2024 - 16:08
Quattro condanne, per un totale di 32 anni esatti di carcere: le ha pronunciate poco fa la Corte d'Assise di Appello di Torino per il caso di Cristian Martinelli, il 34enne morto per le conseguenze di un pestaggio avvenuto il 14 ottobre 2022, alla stazione ferroviaria di Casale Monferrato (Alessandria). I suoi aggressori, una baby gang composta da ragazzini italiani e stranieri, erano già stati condannati in primo grado. Rispetto alla sentenza dell'anno scorso, c'è stata una riduzione della pena solo per Air Bennacer, che ha 18 anni ed è il più giovane degli imputati: per lui la condanna d'appello è stata ricalcolata in 6 anni e 8 mesi di reclusione. Sono confermate quelle inflitte a Nicolae Capstrimb (9 anni e 6 mesi), Bilal Zabori (8 anni e 6 mesi), Janet Di Perri (7 anni e 8 mesi). Un quinto imputato, che all'epoca dei fatti aveva meno di 18 anni, ha chiesto e ottenuto dal tribunale per i minorenni la messa alla prova.
L'accusa era omicidio preterintenzionale e rapina. L’aggressione inizia poco dopo le 12,30 e si consuma tra le banchine dei binari 1 e 2. Con il branco che si avvicina a Cristian, prova a sfilargli gli occhiali che gli ha regalato la madre. La gang lo accerchia, lo insulta, lo sfotte. Lo minaccia e poi passa all’attacco. Sembrano un branco di lupi scatenati su un agnello. Lo pestano selvaggiamente. Lui cerca di scappare, inciampa, cade. Si rialza e raggiunge un giardinetto. Ma le belve gli sono di nuovo sopra. Uno grida: «Colpiscilo al cervelletto». Sembrano eccitate dal sangue. Anche la ragazza, che lui prova a implorare di fermarsi. Ma nessuno si ferma. E giù sprangate. Cristian crolla a terra, un’ambulanza lo porta in ospedale. Due giorni dopo muore.
«Ci speravo, in una sentenza come questa - si sfoga Valentina Martinelli, sorella di Cristian, subito dopo la condanna per i quattro ragazzi accusati del suo omicidio - Di mio fratello sono state dette tante cose brutte e false: in realtà era una persona buona che non aveva mai fatto del male a nessuno. E oggi ci ha dato una mano da lassù».
Il papà, tra le lacrime, alla fine dell'udienza si è sfogato con un carabiniere, che lo ha abbracciato: «Sono due anni che mi porto dentro questo dolore. Ho perso degli amici ma non è la stessa cosa. Metà del mio cuore è andata via».
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