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IL PROCESSO

Botte alla fidanzatina e a sua madre «Ti sciolgo nell’acido: devi morire»

Alla sbarra un ragazzo di appena 20 anni. La mamma di lei racconta di una relazione malata

Botte alla fidanzatina e a sua madre  «Ti sciolgo nell’acido: devi morire»

«E ci siamo picchiati». La giudice chiede una precisazione. E lei lo afferma, ancora: «Sì. Ci siamo picchiati, io e lui, davanti al Black Moon, la discoteca. Io ero lì fuori, per prendere mia figlia: quello che era il suo ragazzo, di cui lei era succube, mi ha alzato le mani. E io ho reagito».
La voce alta, il tono chiaro. Solo a volte tradisce un po’ di emozione. Seduta a quel banco dei testimoni, vestita di chiaro, gli occhiali sul viso con un filo di trucco e i capelli chiari, la donna non guarda mai alla sua sinistra, dove siede l’imputato, un ragazzo di appena 20 anni, i capelli scuri e un braccio tatuato: l’ex fidanzato di sua figlia, maggiorenne da poche settimane. Lei, la figlia 18enne, invece, non stacca gli occhi da sua madre. A volte li abbassa, si guarda le mani, forse un po’ si vergogna. Una storia che fa gelare il sangue, a tratti. Una coppia di ragazzi - ragazzini - e una relazione malsana, un rapporto tossico. La madre di lei descrive gli episodi: da quella volta in cui ha recuperato sua figlia dopo una cena a casa dai “suoceri” e l’ha trovata a digiuno e con un occhio nero. Le foto, del viso di lei tumefatto, mostrate in aula. Assieme ai referti del Regina Margherita.
«Lui veniva a casa nostra regolarmente, io a quella relazione non ero d’accordo. Sapevo che lui le alzava le mani e la maltrattava, ma preferivo trovare modo di tenerla, in qualche modo, sotto controllo». E invece, a rileggere le testimonianze dei due fidanzatini, il controllo è stato perso da tutti gli attori di questa vicenda. Lei accusa lui di averla manipolata, lui dice che lei si inventa tutto. «Quando l’ha portata a cena a casa sua, l’ha picchiata davanti ai suoi stessi genitori» prosegue la madre «mia figlia non voleva più andare a scuola, lui le voleva inculcare l’idea che la cosa giusta fosse trovare un lavoro e fare un figlio, nonostante la loro giovane età».
Durante il suo interrogatorio di garanzia, il 20enne, al contrario, aveva spergiurato fosse la sua ragazza quella che dettava le leggi nella relazione «non mi lasciava parlare con nessun essere di sesso femminile». E in merito alle lesioni «se le è procurate autonomamente, io non c’entro nulla». Poi, però, spuntano i messaggi vocali, audio. «Ti sciolgo nell’acido. Ci devi mettere un anno e mezzo per morire». E quella, è la voce di lui. «Mia zia, al mare nel suo stesso periodo, l’ha vista con un altro, quei messaggi sono miei ma avevo perso la testa» giustifica il ragazzo. La madre della giovane rincara la dose: «tutte quelle volte in cui ho sentito lui dire a lei che doveva trovare un lavoro redditizio. Come faceva lui, che andava a spacciare con uno zio».
E ancora, un episodio che riguarda una serata in una discoteca del centro, una festa tra amici «lui le ha tirato il ghiaccio in faccia» afferma la madre. Lui, che ascolta e non batte ciglio. Le braccia conserte, il petto in fuori. E un nome e un cognome già impressi sul registro degli indagati, per stalking e lesioni personali.

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