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Il caso

La lince di Riva presso Chieri: un trofeo illegale al centro dell’indagine

In un laboratorio spunta un esemplare protetto senza documenti: proprietario denunciato

La lince di Riva presso Chieri: un trofeo illegale al centro dell’indagine

La lince era lì, immobile, come se stesse ancora aspettando qualcuno. Una teca, un laboratorio di tassidermia a Riva presso Chieri, e un animale che non avrebbe mai dovuto uscire dalla foresta. Quando i carabinieri del Nucleo CITES di Torino sono entrati, l’hanno vista subito: un esemplare di lince europea, specie protetta tra le più rare del continente, l’élite della fauna da proteggere. Il problema è che quella lince non aveva un passato tracciabile. Nessun documento, nessuna certificazione. Solo un corpo imbalsamato che raccontava una storia che il proprietario non aveva messo per iscritto.  Gli investigatori erano già in giro da giorni, impegnati in controlli tra Torino, Novara, Vercelli e Verbania. Una mappa di verifiche per stanare chi traffica, detiene o commercia animali che in natura dovrebbero essere lasciati in pace. Bracconieri, collezionisti, tassidermisti troppo disinvolti: una filiera sotterranea che prospera tra caveau privati, soffitte e laboratori di provincia. Nel caso della lince, le domande iniziano dal proprietario, subito denunciato. Ma la storia non si ferma a lui. Gli atti ora passano al vaglio dell’Autorità giudiziaria, e nelle carte entra anche il tassidermista. Perché l’animale, su quel banco di lavoro, c’era da due anni. Ufficialmente, il trattamento di imbalsamazione era già chiuso da tempo. Ma la lince era ancora lì. E questo, per gli investigatori, non torna. È un mondo particolare, quello della tassidermia: un confine sottile tra arte, ossessione e illegalità. Spesso a distinguere l’uno dall’altra è un foglio: la certificazione CITES che garantisce che l’animale non arriva dal bracconaggio. Senza quel documento, ogni piuma, zanna o pelle può trasformarsi in un reato.

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