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«L’Erbaluce deve restare qui». No all’estensione della coltura

Erbaluce
Un secco no dei produttori di Erbaluce di Caluso alla proposta di allargare l’attuale zona di produzione. Gianluigi Orsolani, viticoltore a San Giorgio, informa: «La proposta di allargamento arriva da alcuni soci del Consorzio per la Tutela e la valorizzazione dei vini Docg di Caluso e Doc di Carema e Canavese che vogliono sottolineare il fatto che un nome di vitigno non può essere a uso esclusivo di una denominazione» e poi aggiunge subito: «La mia posizione è questa. A livello europeo, tra 550 vitigni registrati, solo undici vitigni italiani, tra cui tre piemontesi, hanno il nome del vitigno collegato al nome del toponimo che, nel nostro caso è Caluso e quindi non si può mai usare il nome Erbaluce se non con il toponimo Caluso».

Una protezione che potrebbe essere cancellata anche con una sentenza del Tar o da una modifica delle leggi. Oggi si sta facendo pressione affinché i viticoltori stessi votino per un abbandono di questo tipo di protezione. Massimiliano Bianco, produttore di Erbaluce, delle cantine Briamara, di Cuceglio, spiega: «La motivazione principale della nostra contrarietà è che l’Erbaluce è un vitigno autoctono, l’Erbaluce è doc da oltre 50 anni, è una delle prime doc piemontesi. Un vitigno radicato nel Canavese grazie ai romani».

Oggi sono 36 i comuni che possono fregiarsi della Docg Erbaluce. Allargare i territori di produzione dell’Erbaluce potrebbe portare a un abbassamento del valore del prodotto come è accaduto con il Prosecco. Bruno Giacometto, produttore di Erbaluce, con azienda e vigneti a Caluso, afferma: «Il nome Erbaluce di Caluso è conosciuto come il vino di questa zona, del Canavese. In questi anni, abbiamo lavorato in questa direzione. Allargare la zona di produzione come minimo porterà confusione. E poi, sul mercato arriverebbero altri Erbaluce, completamente diversi come caratteristiche organolettiche da quelli attuali».
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