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La Torre Littoria, il grattacielo chiamato il “dito di Mussolini”

TorreLittoria

Una nota di colore e di patriottismo: sulla sommità della Torre Littoria in costruzione, nel 1933, già sventolava il tricolore. Allora, con lo stemma sabaudo al centro. Quella croce di Savoia bianca su campo rosso era un elemento di continuità tra la dinastia che aveva fatto l’Italia e il regime che l’aveva rifatta. Nuova e fascista. Ma era anche un elemento di contatto che univa due edifici tra loro diversissimi: il palazzo reale, simbolo dei Savoia, e la torre littoria, simbolo torinese del regime di Benito Mussolini.

Ed era indubbio che la torre fosse stata costruita per spirito di rivalsa, per rendere evidente anche nella Torino sabauda che in Italia c’erano due poteri, uno costituito dalla pacata monarchia di Vittorio Emanuele III, l’altro rappresentato dalla energica determinazione del duce. Così possiamo capire perché la torre littoria fu costruita là dove oggi sorge: era una sfida simbolica a Casa Savoia e al principe Umberto, futuro Umberto II, inquilino di spicco di palazzo Reale all’epoca della progettazione di quello che fu a tutti gli effetti il primo grattacielo torinese. Che fare al suo interno? Ma che domande: la sede del Partito Nazionale Fascista. Nella città forse meno fascista d’Italia, il Pnf avrebbe avuto una sede monumentale e svettante.

Le fotografie di quegli anni mostrano lo scheletro della Torre, ben presto ribattezzata dai torinesi “il dito di Mussolini” per la sua inequivocabile forma; di certo, i contemporanei avvertirono l’estrema novità di quel mastodonte arrivato in piazza Castello, e fotografi di professione, come Mario Gabinio, scattarono centinaia di immagini per immortalare ogni istante della sua costruzione; qualcuno si avventurò anche sul tetto di palazzo Madama per scattare un’istantanea del nuovo che avanza, visto dal più antico testimone della città: quello che Gozzano chiamò “il palazzo dei secoli” per la sua storia bi-millenaria.

La sede del Pnf non fu mai portata a Torino (il Pnf trovò posto prima a Milano e poi a Roma): dentro “il dito di Mussolini” trovò posto la Reale Mutua, società che ne finanziò la costruzione e che è ancora proprietaria di quasi tutto l’immobile. L’edificio fu costruito a tempo di record tra il 1933 ed il 1934, nell’ambito del rifacimento totale di via Roma e delle vie limitrofe. Anche l’antica contrada della Palma, oggi via Viotti, fu trasformata: la torre ha stravolto la sua fisionomia, anche perché l’edificio che la ospita si protende per buona parte della via, con una forma innovativa, con un angolo smussato. Esempio eloquente del razionalismo italiano, l’edificio fa tuttavia parlare di sé ancora oggi: è oggetto di dibattito, perché quella “cosa” piazzata lì a ridosso della barocca piazza Castello non a tutti piace.

Di certo, è ormai un elemento storico, ricordo di un’epoca travagliata che voleva farla finita con il passato, al quale imporre un altro presente per un nuovo tipo di futuro.

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