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Dallo “smemorato” alla Certosa. E oggi Collegno ha anche il metrò

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Collegno - e i collegnesi non lo digeriscono molto bene - è nota ai più per la vicenda dello Smemorato, storia al limite tra il giallo e la tragicommedia che andò in scena quasi un secolo fa, nell’Italia fascista, e che ancora appassiona un pubblico di affezionati. Ma Collegno, prima che il caso Canella/Bruneri dividesse l’Italia, era nota per la sua Certosa, una delle più superbe costruzioni barocche del Piemonte secentesco, meta di frequenti visite della corte, specialmente in primavera. Per la processione del Corpus Domini, i duchi Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III solevano invitare a Collegno tutta la corte, e guai a sgarrare. Una pittoresca processione di carrozze rendeva solenne la giornata di festa.

L’uso di recarsi a Collegno per le processioni della corte durò per tutto il Settecento e anche qualche sovrano di inizio Ottocento replicò l’usanza, al punto che Vittorio Emanuele I stabilì che la Certosa dovesse diventare la sede delle tombe dei cavalieri della Santissima Annunziata. L’usanza, che tanta folla attirava a Collegno, durò fino al 1847, poi altre grane preoccuparono i sovrani sabaudi e Vittorio Emanuele II eliminò la pia usanza, tant’è che, in piena laicizzazione dello stato, tra il 1852 ed il 1855 la Certosa fu adibita a manicomio di Stato.

Un signor manicomio, vale la pena sottolinearlo, in un gioiello barocco. Ma i Savoia dell’Ottocento - o, per meglio dire, il solo re Vittorio Emanuele II - erano disinteressati alle bellezze di un tempo. Regge e antiche ville d’epoca furono adibite a più utili caserme, e gli ormai espropriati monasteri vennero ceduti al migliore offerente o trasformati - ci risiamo - in caserme o ancora in penitenziari. Il Piemonte dell’Ottocento era così, cosa ci vogliamo fare. Al di là della triste sorte toccata alla Certosa, va segnalato che Collegno nello stesso secolo crebbe di importanza e si espanse rapidamente, specie nell’areale di corso Francia, che poteva beneficiare di moderni sistemi di trasporto che mettevano in comunicazione con Torino. Non è un caso che proprio qui sorse il villaggio Leumann (dal nome del fondatore, l’imprenditore Napoleone Leumann), un insediamento industriale all’avanguardia, su modello inglese, che era attento alle sorti degli operai.

Degno reperto di “archeologia industriale”, il Villaggio è un gioiello che meriterebbe essere riscoperto, anche per le griffe di pregio che lo resero così importante (primo fra tutti, l’architetto Pietro Fenoglio). Una seconda fase di espansione urbanistica di Collegno fu quella dopo la seconda guerra mondiale, portando l’abitato a fondersi con Torino; un tutt’uno che è reso ancora più evidente dalla linea 1 della metropolitana, che unirà in modo ancora più stretto Collegno e Torino. I Savoia andavano alla Certosa in carrozza; noi ci andremo in metropolitana. Aspettando il suo promesso prolungamento.

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