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Il coraggio di Mariagrazia

corridor with chairs in hospital

Foto Depositphotos

Esiste il Covid, ma esistono anche gli altri ammalati. Quelli a cui è stata chiusa la porta in faccia dalla nostra sanità quando i numeri dei contagi hanno cominciato ad aumentare. Proprio come è accaduto a Mariagrazia T. operata per un tumore al seno nel 2018 e oggi assistita solo a distanza. Una telefonata e via, appuntamento a qualche mese dopo. Lei però non c’è stata, ha preso la sua cartellina con i vecchi esami e si è presentata in ospedale. Una sorta di ribellione, pure coraggiosa, che non è stata apprezzata. Avrebbe dovuto tacere. E accontentarsi della telemedicina. Ossia di un gettone telefonico a cui affidare la sua vita futura. Il segno, se volete minimale, destinato a restare segreto se lei non avesse deciso di farne una battaglia, in un contesto che oggi viene denunciato a gran voce dai chirurghi ospedalieri che hanno preso carta e penna per scrivere una lettera aperta in cui si denuncia proprio la chiusura dei reparti e dei servizi per i malati oncologici, i cardiopatici acuti, quelli affetti da patologie autoimmuni gravi, da malattie neurodegenerative. E tanto altro ancora. In sintesi quelle persone che hanno bisogno e diritto di poter fare riferimento ad uno specialista, ad esami e controlli di persona. Una lettera in cui si denuncia come, in presenza della terza ondata Covid, di fatto le soluzioni adottate per fronteggiare la pandemia, siano le stesse della prima, nel marzo scorso. Come se in un anno, tra promesse e fiumi di quattrini, tutto fosse rimasto come prima, salvo quei tendoni da circo che chiamiamo ospedali da campo. Abbozzare sapendo che la coperta ospedaliera è corta e che dunque se tiri un lembo ne scopri un altro, francamente ora non basta più. Mancano i medici. Soprattutto loro. Gli specialisti e quelli di famiglia. Per via dei pensionamenti, del numero chiuso in facoltà, dell’incapacità grave di prevedere e programmare. Mariagrazia T. ha ragione da vendere. Il silenzio di chi soffre come lei l’abbandono, è una corona di dolore irta di spine.

«Ci sono i malati oncologici, quelli affetti da patologie autoimmuni gravi, da malattie neurodegenerative, non possiamo essere trascurati perché c’è il Covid, vogliamo persone di riferimento a cui rivolgerci e con cui confrontarci». «Ci sentiamo dimenticati», racconta , «ma non è colpa nostra se siamo in tante ad essere malate, la colpa semmai è delle strutture che hanno pochi posti o che continuano a rimanere chiuse e io sono una persona che reagisce, ho detto no alla visita telefonica e mi sono presentata in ospedale con i miei esami, ma tante altre donne, malate come me, hanno avuto solo visite telefoniche».

fossati@cronacaqui.it
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