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La guerra infame sempre più vicina

lavrov guterres
A ogni ora che passa questa guerra infame sembra sempre più vicina. E si nutre, oltre che di assalti cruenti a Mariupol, di missili e bombardamenti sulle città e sui villaggi dell’Ucraina, anche di un crescente divario tra le posizioni rocciose di Vladimir Putin e i proclami della Gran Bretagna e degli Usa. L’Unione Europea appare così, ricordando un’immagine manzoniana, un vaso di coccio tra vasi di ferro, con i suoi territori più esposti ai confini della Russia. Il caso della Transnistria, in territorio moldavo, è l’esempio più concreto delle mire espansionistiche dello Zar che potrebbe non accontentarsi della Crimea e del Donbass. Un allarme, per altro ancora limitato a questioni commerciali legate alla forniture del gas, riguarda la Polonia, che proprio ieri ha comunicato la sospensione da parte della Russia. Come d’altra parte era prevedibile, il massiccio invio di armi d’attacco da parte degli Usa e dei droni tedeschi, ha infiammato gli animi degli invasori che - attraverso le parole dello stesso Putin - ora minacciano possibili attacchi sui paesi europei. La questione dunque si complica mentre le trattative non solo sulla pace, ma persino sui corridoi umanitari, languono. O meglio si sono congelate dopo la proposta di annessione dello stesso Donbass, della Crimea e del corridoio che funge da collegamento con il Mar Nero. Proposta respinta al mittente dal presidente Zelensky. Intanto il viaggio a Mosca del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres non serve che a certificare la distanza tra le posizioni che l’alto funzionario sintetizza con poche parole: «Il divario con la Russia è sempre più ampio». E la prova sta nel fatto che ancora una volta Putin ha negato qualunque possibilità di cessate il fuoco. Non solo: il ministro degli esteri Serghei Lavrov ha parlato di «rischi considerevoli» che il conflitto in Ucraina possa trasformarsi nella terza guerra mondiale. «Il pericolo è reale - ha detto - non dobbiamo sottostimarlo». Una minaccia a cui la Gran Bretagna ha risposto con estrema durezza affermando, attraverso il ministro delle forze armate, James Heappey, che «è perfettamente legittimo che l’Ucraina colpisca obiettivi sul territorio russo anche con le armi che sta ricevendo dall’Occidente». Dichiarazioni di fuoco a cui Mosca replica affermando che «se vale questa logica noi possiamo colpire i paesi della Nato». Considerare queste schermaglie come una semplice strategia politico-militare, sarebbe banale. Siamo in questo inizio del terzo mese di guerra, a un passaggio cruciale nel quale la diplomazia che aveva mantenuto i nervi saldi anche nei momenti più difficili della guerra fredda sembra aver smarrito il proprio ruolo. E l’Italia, rispettando gli accordi con gli alleati, spedisce quattro F35 e relativo personale militare in Islanda per due mesi. Con una terra di confine da difendere da potenziali invasioni.

beppe.fossati@cronacaqui.it
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