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28 Aprile 2022 - 08:35
Il ritorno in Italia di Michael Robotham non può che essere una buona notizia per gli appassionati di thriller: nato in Australia sessantuno anni fa, ex giornalista, Robotham è considerato uno dei maggiori autori di bestseller a livello internazionale, premiato con numerosi riconoscimenti, ma curiosamente almeno in Italia le sue traduzioni sono state piuttosto discontinue, una bizzarria per un Paese - o un mercato - che prende spesso grandi cantonate per la smania di importare autori purché siano di thriller, o che continua a pubblicare serie (soprattutto di italiani) di cui la prima puntata era già abbastanza. Per fortuna Darkside ci restituisce quindi Robotham, alfiere del cosiddetto thriller psicologico e a cui favore, al di là dei libri, giocano la stima di gente del calibro di Stephen King e Lee Child.
Con “Brava ragazza, cattiva ragazza” (Fazi Darkside, 18 euro, traduzione di Giuseppe Marano), l’autore australiano inizia una nuova serie ad altissima tensione. Protagonista è Cyrus Haven, psicologo forense la cui famiglia è stata sterminata (da suo fratello) quando era un ragazzino, un tipo strano e irrisolto che vive in una maestosa ma cadente antica casa a Nottingham, non possiede un cellulare e anestetizza il dolore con la corsa.
Il personaggio da amare è però Evie Cormac, o almeno questo è il nome che le hanno dato, per dimenticare «Faccia d’angelo», ossia una bambina che era stata trovata nascosta in una stanza segreta nella casa di un uomo torturato a morte. Non ha identità, non vuole ricordare o svelare, ma ha la capacità di inquietare. Un assistente sociale pensa che sia una «maga della verità», gente che sa distinguere all’istante le menzogne altrui e di cui Haven ha scritto nella sua tesi. Evie è la cattiva ragazza? È pericolosa per sé e per gli altri?
Brava ragazza, per tutti, era invece Jodie Sheehan, bella e popolare, giovanissima campionessa di pattinaggio: il suo cadavere viene trovato lungo un viale di un parco. A indagare è l’ispettrice capo che ha aiutato Cyrus all’epoca del massacro della famiglia. Lo psicologo assiste alle indagini “profilando” i genitori della vittima, il fratello, ma anche il primo sospettato che finisce nella rete, fino agli insegnanti e persino i poliziotti impegnati nei loro giochi di potere.
Chi sfugge alle sue analisi è solo Envie, cui il tribunale deve concedere o meno il diritto di vivere la propria vita. Per questo la ragazza finisce a casa di Cyrus, ma anche in pieno nel caso di omicidio che lo psicologo deve seguire. Perché i due casi, ovviamente, si confondono, i piani si sovrappongono: perché l’uomo che teneva prigioniera Envie è stato ucciso? Chi cercava la ragazza? Perché la poliziotta che l’ha trovata sembra scomparsa nel nulla? Cosa si nasconde nell’armadietto scolastico di Jodie?
La narrazione è incalzante come quella di un procedural legal-psichiatrico che si rispetti (anche se c’è un piccolo appunto per la traduzione: i gradi della polizia sono stati resi con l’equivalente o quasi in Italia, quindi il Commissario di Scotland Yard, ossia il capo, diventa un questore e un sergente è segnato come sovrintendente e via dicendo. Scelta particolare) e i buoni e i cattivi sono volutamente mescolati come le tessere di un memory.
Non si può ovviamente svelare come andrà finire: si può dire che la scena sarà ad alta tensione, come è giusto che sia, tra minacce, ostaggi, esplosioni, una pistola che non deve sparare, vite da salvare e giustizia da somministrare. Ma nella fine è soprattutto l’inizio. Come abbiamo detto, questa è la prima parte di una serie.
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