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20 Giugno 2021 - 07:58
Antonio Rinaudo
Via Borgo Dora, fine degli Anni ‘40. Bisogna partire da qui, da una casa di ringhiera nel cuore del Balon, per comprendere la vita e la carriera di Antonio Rinaudo. Cominciando da quella povertà che l’ex pm, nato e cresciuto alle spalle di Porta Pila, ora considera come «un vanto». Ma che allora, da ragazzo, lo costrinse a fatiche e sacrifici enormi. E da uno che ha sempre corso in salita (non solo metaforicamente, visto che è stato campione di Triathlon), a 72 anni può dire di «non avere rimpianti». In pensione dal 2018, dopo 40 anni in magistratura fatti di tante soddisfazioni, ma anche qualche dispiacere («Per colpa di un sistema cui non mi sono adeguato, non mi hanno nominato procuratore»), all’inizio della pandemia ha continuato a indagare, per l’Unità di Crisi, scoprendo una «fauna di delinquenti incredibile» che ha cercato di approfittare dell’emergenza per arricchirsi. Un’altra pagina di un curriculum in cui adesso potrebbe aggiungersi un’esperienza da assessore, se alle Comunali dovesse vincere il centrodestra. Ovviamente, alla Legalità e alla Sicurezza.
Dottore, qualcuno sostiene che sia un uomo di quelli che si amano o si odiano. Ma provi a descriversi lei. Chi è Antonio Rinaudo? «È una persona che si è fatta da sola, che si è costruita una vita con i sacrifici. Sa, io provengo da una famiglia molto, molto modesta e povera. E me ne faccio un vanto. Perché grazie ai sacrifici dei miei genitori e ai miei, in tanti anni di studio, sono riuscito a essere ciò che sono. È stata dura, ma ci sono riuscito. Lavorando mentre studiavo»
E che lavoro faceva? «All’inizio aiutavo papà nel suo bar, negli anni dell’università aprivo io al mattino alle sei perché lui potesse riposarsi. Alle 9 andavo a seguire le lezioni e la sera studiavo fino a tardi. Poi papà è stato male, ha chiuso il bar. Abbiamo vissuto due sfratti, sofferto tanto»
E poi? «Poi ho trovato un lavoro in banca, mi sono sposato, ma ho continuato gli studi e ho chiuso il ciclo degli esami in tre anni»
Voto finale? «Centodieci e lode. Ricordo che il mio mentore, il professor Gallo, il giorno dopo la laurea mi disse: “Rinaudo, guardi che lei non deve riposarsi, c’è il concorso in magistratura e deve farlo”. Il giorno dopo ho cominciato a prepararmi. Ma avevo un lavoro, era nata mia figlia. Mi alzavo alle cinque per studiare, alle 8 andavo in banca, alle 5 tornavo a casa e mi mettevo subito sui libri. Non potevo tentare, dovevo passare al primo colpo. E ce l’ho fatta»
Il suo primo ricordo da pm? «Entro in magistratura nel 1977. Sono uditore giudiziario. Nel ’78, 11 marzo, alle 8.30 mi telefona il dottor Corsi e mi dice: “Antonio, dobbiamo andare all’angolo tra corso Regina e corso Belgio, hanno ucciso un maresciallo”. Era Berardi, c’era ancora il cadavere alla fermata del tram. Era stato ucciso dalle Brigate Rosse. Non dimenticherò mai quell’uomo disteso a terra, ucciso in modo vile, con dei colpi sparati alla testa, da dietro, alle spalle. Questo erano le mitiche Brigate Rosse. Tutte le decantate capacità militari si riducevano a questo: sparare alle spalle. Il processo poi lo feci io, come è andata è noto»
Ha letto il libro di Sallusti e Palamara? «Sì»
E cosa pensa, da ex magistrato, di questo “sistema” che avrebbe avvelenato il mondo della giustizia? «Lei mi ha mai visto a capo di una Procura?»
No… «Ho risposto»
Quindi si ritiene una vittima del sistema? «Sono stato applicato a dirigere delle procure interinalmente, è vero. Novara, Vercelli, Cuneo, Asti. Però tutte le volte che ho fatto una domanda per il posto apicale da procuratore, c’era sempre qualcuno che è stato ritenuto più bravo di me, anche se io non ne sono convinto. Io sono sempre stato un cane sciolto, non sono mai salito sui carri vincenti. Semplicemente perché questo era contrario al mio modo di intendere l’essere magistrato»
Posso chiederle cosa pensa della vicenda Padalino? «Andrea Padalino con me è sempre stato un’ottima persona, un ottimo collega, non ho mai avuto modo di dubitare. Non ho mai rinnegato la nostra amicizia, né la rinnego per quel che è successo. Ora inizia il processo. Che si dimostri ciò che vogliono sostenere»
Torniamo a lei. Adesso è commissario dell’Area giuridico-amministrativa dell’Unità di Crisi. Deve averne viste di tutti i colori... «Nelle situazioni emergenziali, purtroppo, c’è sempre chi rischia di sfruttare al massimo le criticità per guadagnare. Ma tragedie come i terremoti sono situazioni transitorie, limitate, circoscritte, e quindi il guadagno è circoscritto al contingente. Con la pandemia, invece, è diverso. Con il Covid c’è stata una fetta di quelli che chiamo delinquenti improvvisati che si sono riciclati al momento per la necessità che emergeva di volta in volta. Mascherine, tute, qualsiasi cosa. Abbiamo incrociato una fauna di delinquenti incredibile. Soggetti spregevoli che si presentavano e si proponevano come salvatori, semplicemente con l’intento del guadagno massimo»
E voi cosa avete fatto? «Abbiamo dovuto mettere in campo tutte le esperienze maturate nella mia precedente attività di pm e siamo riusciti a stoppare numerosi tentativi di infiltrazioni e abbordaggi da tutte le parti»
Ce ne dica uno… «Un soggetto propone tante mascherine a prezzi ragionevoli, vuole un pagamento cash all’ordine, ma rispondo: “Mi spiace, qui vige il principio volere soldi, vedere cammello”. Allora si offre di passare da una società americana che avrebbe fatto da garante, mi dà tutti i contatti di questa società con sede a New York, convinto che avremmo pagato. Ma ha dimenticato le mie competenze investigative, anche in campo internazionale, ed è venuto fuori che la società aveva sede in uno scantinato del Bronx, in una palestra. L’amministratore delegato era un bodybuilder»
Qualcuno, però, le Asl è riuscito a truffarle. Quanti casi avete segnalato alla Procura? «Tre. Uno è in una fase avanzata di indagine, ci sono stati sequestri importanti, con una società che aveva sede nei paradisi fiscali, collegabile ad ambienti ‘ndranghetisti attraverso alcune società che avevano sede nella Locride. Ma non posso dire altro»
Vaccini. A febbraio, ha detto che il Piemonte sarebbe arrivato a farne 20mila al giorno, ora si sono superati i 40mila. Quale è stato il punto di svolta? «Un lavoro capillare di collaborazione con le singole Asl e soprattutto con i direttori generali, che hanno messo in campo una capacità operativa non indifferente. Il merito nostro è stato semplicemente di tipo organizzativo. Oltre che di controllo, per evitare che qualcuno tentasse di approfittare anche di questa situazione, ad esempio cercando di vendere vaccini inesistenti, come è successo»
Hanno fatto anche questo? «In altre Regioni sì, c’era chi millantava di poterne vendere. Allora io ho detto: facciamo un bando, vediamo chi si presenta. E nessuno si è presentato. Semplicemente perché nessuno poteva venderli»
E poi ci sono i furbetti… «Questo è un fenomeno che dimostra come in questo periodo, per qualcuno, sia saltato completamente il concetto di solidarietà. Ne abbiamo scoperti parecchi, non solo a Biella»
Cosa pensa dei sanitari No Vax? «Penso che essendo tra i più esposti al contagio, dovrebbero arrivare coscientemente alla decisione di vaccinarsi, senza l’imposizione di un obbligo di legge. C’è anche da dire che il caos che si sta ingenerando in questi giorni non aiuta sicuramente. Perché di fronte al fatto che un vaccino venga autorizzato, poi venga bloccato, quindi autorizzato e poi nuovamente bloccato, dimostra che c’è una certa approssimazione nelle valutazioni e molti hanno buon gioco a dire che si stanno facendo sperimentazioni sulla pelle di quelli a cui viene inoculato il vaccino. Non è così, ma un po’ di confusione si è generata»
Elezioni Comunali. È vero che scenderà in campo? «Io non mi candiderò, ma sosterrò mia figlia, Beatrice, che fa l’avvocato e sarà in lista con Forza Italia. E poi, dovesse vincere Damilano, sono pronto a mettere a disposizione la mia esperienza»
Da assessore? «Sì. L’idea è quella di un assessorato alla Legalità e alla Sicurezza. Con una figura che, visti i problemi di Torino, si dedichi in maniera esclusiva a questo»
La prima cosa che farebbe? «Ho già abbozzato una serie di linee che potremmo seguire, ovviamente se Damilano e il suo staff vorranno»
Ce ne dica una... «Ogni cosa a suo tempo. Io sono un pragmatico, se dico una cosa è perché so che potrò realizzarla»
Senta, ma va ancora a correre? «Andare a correre in giro rischierebbe di mettere in imbarazzo gli uomini della mia scorta, e allora l’attività sportiva la concentro tutta nella mia abitazione. Non più ai livelli di una volta, quando facevo gare in bici, di nuoto, maratone. Sono stato campione italiano di Triathlon. E ho giocato a calcio nella nazionale magistrati»
Ruolo? «Difensore. Stopper»
Uno di quelli rognosi... «Diciamo coriaceo. Stile Bonucci. O Chiellini»
Juventino, vero? «Sempre»
Contento di Allegri? «Io ho sempre detto che sono stati commessi due errori. Il primo è stato allontanare Allegri, ma la perdita più importante è stata Marotta. Quello è stato veramente lo sbaglio»
Ultima domanda: Antonio Rinaudo qualche rimpianto ce l’ha? «Né rimpianti, né rimorsi. Penso di aver fatto tutto quello che volevo fare nella mia vita. Sono soddisfatto di quello che ho, della famiglia che ho, di quello a cui posso ancora ambire, se ce la farò. E se non ce la farò, ne prenderò atto.
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