l'editoriale
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05 Agosto 2021 - 08:40
Questa volta non ci sarà l’asinello vero, elemento emblematico di una messinscena neorealista come quella ideata da Gabriele Lavia per il Regio nel 2017 -«motivi logistici non ci consentono di riprodurre integralmente quell’allestimento» dicono dal teatro di piazza Castello -, ma la lettura dei “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo proposta sabato con la regia di Anna Maria Bruzzese (in replica martedì 10 e giovedì 12) nel Cortile di Palazzo Arsenale per il Regio Opera Festival - A Difesa della Cultura sarà fondamentalmente la stessa fatta dall’attore e regista milanese, ovvero la scelta di ambientare il capolavoro del maestro toscano in una periferia italiana del secondo dopoguerra, «per richiamare al pubblico una memoria personale o una memoria storica, per chi quel periodo non l’ha vissuto» come aveva detto lo stesso Lavia.
Una memoria che rimanda a case bombardate e trivellate, a macerie disseminate ovunque, a una civiltà contadina. Su questo sfondo si consuma il dramma di amore, gelosia e morte di Nedda, Canio e Tonio narrato in musica dall’Orchestra e dal Coro del Regio diretti dal maestro Stefano Montanari, dalle voci del soprano Valeria Sepe, del tenore cileno-americano Jonathan Tetelman e dal baritono Misha Kiria e con il Coro del Regio istruito da Andrea Secchi e il Coro di voci bianche da Claudio Fenoglio. Completano il cast il tenore Andrea Giovannini, il baritono Alessio Arduini, il baritono Giuseppe Capoferri e il tenore Marino Capettini. Una storia di teatranti, quella raccontata dal compositore di Montecatini, autore anche del libretto. Alla base della vicenda c’è un tradimento. Canio scopre, per mezzo dell’amico Tonio, che la sua amata, Nedda, lo tradisce con Silvio, un giovanotto del paese. Accecato dall’ira, Canio, capocomico della compagnia itinerante nella quale lavorano Nedda e Tonio, ucciderà la moglie e l’amante nel bel mezzo di una rappresentazione teatrale. «Un teatro nel teatro - spiega Lavia - , dove la finzione e la realtà si confondono, dove non sappiamo se è il teatro ad imitare la vita o se invece è la vita che imita il teatro».
La prova generale dell’opera si terrà venerdì e avrà, come sempre, finalità sociali e solidali: questa volta l’incasso sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus di Candiolo per l’acquisto di una nuova apparecchiatura per la Tomotherapy.
Dopo “L’elisir d’amore” di Donizetti, la “Madama Butterfly” di Puccini e i due intermezzi “La serva padrona” di Pergolesi e "Pimpinone ovvero le nozze infelici" di Telemann, il Cortile di Palazzo Arsenale torna dunque ad aprire le porte ai suoi mille spettatori, capienza massima prevista, per il suo quinto appuntamento con l’opera. Questa volta, però, sull’affluenza del pubblico pesa l’incognita del Green Pass, richiesto dal decreto legge del 23 luglio scorso. Anche se, assicurano dalla sede di piazza Castello, «al momento le prenotazioni non sembrano risentirne».
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