Nella sera dell’8 aprile 1919 venne avvistato, presso via Don Bosco 96, nelle acque del canale industriale della Pellerina, un involucro che si andò ad incastrare nella griglia dello stabilimento di macinazione allora esistente al civico 96: venne recuperato da due operai, che ne trassero il busto e la testa di un uomo. Accorsero le guardie e il vice commissario, avvocato Lombardi. Si scoprì che si trattava dei poveri resti del commerciante Pietro Trossi, impiegato di amministrazione all’aeronautica.
La sera precedente, il Trossi, 56 anni, era uscito dall’ufficio di via Maria Vittoria, si era recato dal suo parrucchiere in via Duchessa Jolanda e poi era scomparso. Il cronista Ugo Pavia ricorda come, per farsi un’idea del posto dove era avvenuto il ritrovamento, andò insieme a dei colleghi in corso Regina Margherita, giunse al parapetto del canale e lì vide un uomo, forse un militare tornato in licenza.
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«Teneva il braccio destro ripiegato e la mano nascosta sotto la giacca. Avvertita la nostra presenza ci guardò. Fu uno sguardo sfuggente di persona spaventata. Si allontanò subito dirigendosi verso la ferrovia, ma volgendosi di tanto in tanto a guardarci. Era uno strano contegno ma non tale da eccessivamente allarmarci. Anche noi sostammo a guardare oltre il muretto le acque che scorrendo azionavano la turbina della fabbrica: ci scambiammo alcune considerazioni, poi alla nostra volta prendemmo la strada che conduce alla Dora. Ma ad un centinaio di metri dall’ansa del fiume — meta della nostra passeggiata — vedemmo — e questa volta con grande meraviglia — lo stesso uomo fermo sul posto dove la stessa mattina all’alba erano stati trovati gli arti dell’assassinato. Come mai lo sconosciuto conosceva esattamente il luogo dove era stato ripescato il secondo macabro sacco, se nessuno, all’infuori di alcuni agenti di polizia, conosceva questo particolare? Un vago indistinto dubbio si affacciò al nostro spirito e questo dubbio prese maggior consistenza quando l’uomo toltosi un istante alla sua contemplazione si volse e ci vide, senza por tempo in mezzo risalì la sponda, attraversò il ponte ed a passo accelerato imboccò la strada che conduce a Lucento. Il fuggitivo correva sempre. «Ferma! Ferma!», gridammo gesticolando, ma nessuno dei pochi passanti ci diede ascolto». Il caso è ancora considerato irrisolto.
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