Sono scesi in strada per ricordare un «genocidio» che conta tra 3,5 e 7 milioni di morti. Qualcuno arriva a considerane anche 10 milioni. Un massacro di cui sui libri di storia non sembra esserci traccia, seguito alla collettivizzazione delle fattorie in Unione Sovietica. Così lo definiscono in Ucraina: Holodomor. Che vuol dire “sterminio per fame”. Una carestia che tra il 1932 e il 1933 ha falciato chi si è opposto al Pcus e alla dittatura di Stalin, riconosciuta come un massacro solo a partire dal 2008 e perché cinque anni prima l’Onu l’aveva considerata come il risultato di politiche e azioni «crudeli» da parte del regime sovietico. La comunità ucraina di Torino e del Piemonte, ieri, l’ha riportata all’attenzione dei cittadini con un garbato volantinaggio di fronte al Cinema Lux in Galleria San Federico, a cui ha partecipato anche il console onorario Dario Arrigotti. Sono almeno 20mila i residenti in Piemonte, merito anche di una rete di relazioni che negli anni si è consolidata grazie ai voli che collegano il nostro capoluogo a Kiev e altre città dell’Ucraina. E gran parte di loro, oggi, sono tornati a chiedere che l’Italia riconosca il massacro perpetrato da Stalin all’inizio degli anni Trenta del Novecento. Un dibattito che ancora divide storici e intellettuali a fronte di un “negazionismo” per cui non si sarebbe mai verificato alcun genocidio, almeno, come atto premeditato. L’Urss ha sempre negato che la carestia fosse stata causata di proposito, arrivando persino a vietare la discussione sugli avvenimenti storici e falsificando le scoperte degli studiosi, costringendoli a definire quella tragedia come «un inevitabile disastro naturale» per assolvere il Partito Comunista e garantire, così, l’eredità di Stalin. Ieri l’Ucraina e i suoi cittadini in tutto il mondo hanno ricordato il massacro dei contadini che si opposero alla collettivizzazione delle loro terre, a cui vennero requisiti gli alimenti da Mosca. Molti Paesi nel corso degli anni - tra gli ultimi, Stati Uniti e Portogallo - hanno riconosciuto l’orrore di quel genocidio. L’Italia ancora no.
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