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Spunta una teste, la ex di Azhar: «Se si droga diventa violento»

omicidio fatima

«Perché è finita la relazione tra me e Ahzar? Devo rispondere per forza?». «Certo che sì», rispondono i giudici alla testimone, una ex fidanzata dell’imputato. «Perché c’erano troppi litigi - ammette lei - lui entrava ed usciva di galera. Quando usava sostanze stupefacenti mi picchiava. Poi chiedeva scusa. Ma quando le usava o beveva, diventava un altro e mi alzava le mani». È uno dei passaggi dell’audizione - a tratti faticosa perché per la testimone non è stato facile rispondere - di una ex compagna di Mohssine Azhar, imputato davanti alla Corte d’Assise per l’omicidio della piccola Fatima, morta a tre anni, dopo essere stata (per l’accusa) lanciata giù dal balcone del quinto piano (Azhar sostiene invece che sia caduta) nel gennaio del 2022.

La donna è stata citata ieri al processo da Alessandro Sena, difensore di Azhar, che già la scorsa settimana aveva chiesto un’integrazione di indagine per sentirla. Alla fine dell’audizione della donna però, quando ha iniziato a farle delle domande la pm Valentina Sellaroli, è emersa una verità che -al processo del genere - potrebbe avere un peso. L’imputato l’avrebbe picchiata, più volte. E risultano quattro accessi della testimone al pronto soccorso. Ieri l’accusa ha chiesto la produzione dei referti ospedalieri. E dei verbali di un episodio inquietante, e poco chiaro - riguardo al quale la donna, che non ha mai denunciato Azhar per maltrattamenti - ieri ha dato risposte confuse. Nell’agosto del 2017 i carabinieri erano intervenuti presso la sua abitazione per un’aggressione subita dalla vittima, che sarebbe “caduta” dal balcone.

La vittima si era salvata perché era al primo piano. Ma era stata ricoverata in ospedale per la rottura della cresta eliaca con una prognosi di 30 giorni. I carabinieri avevano ricostruito il fatto (nonostante la vittima si rifiutasse di querelare Azhar) redigendo un verbale: «Lei, per sfuggire all’aggressione (di lui, ndr) - è uno dei passaggi - si metteva a cavalcioni sulla ringhiera. Lui la bloccava per la mani, minacciandola di farla cadere». A quel punto la donna, disperata, visto che lui aveva un coltello in mano, si sarebbe lasciata cadere giù per evitare il peggio, precipitando, così ha riferito ieri. Azhar - durante il periodo della relazione con lei - era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale (quando i carabinieri erano intervenuti perché i vicini di casa avevano segnalato presunti maltrattamenti subiti da lei) e per violazione di domicilio (perché l’imputato aveva sfondato la porta di casa della donna dopo che lei lo aveva lasciato). Ieri, in udienza, sono anche emersi passaggi di testimonianze che per la difesa sarebbero favorevoli. Un’altra testimone ha parlato del rapporto positivo che l’imputato avrebbe avuto con Fatima: «Azhar - ha precisato - era rinato per questa bambina, le voleva bene».

«La sera del delitto - ha poi aggiunto la donna - ho fatto una video chiamata per sentire lui, la mamma della bambina e la piccola. Fatima era con la mamma. Azhar sembrava fuori di sé, ero preoccupata per lui, era alterato da Rivotril o non so cosa. La bambina voleva salire da lui per dargli un bacino».

La tragedia accade pochi minuti dopo. Secondo l’accusa, madre e figlia salirono insieme nella mansarda di Azhar. E l’imputato avrebbe lanciato giù la bambina di proposito. L’imputato sostiene che la bambina fosse salita da lui da sola. «Facevo il gioco del vola vola sul ballatoio - ha ribadito più volte - e a un tratto la piccola mi è scivolata di mano ed è precipitata giù».

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