l'editoriale
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01 Febbraio 2022 - 10:27
Può un programma televisivo aver cambiato le sorti di una nazione? Eccome. È avvenuto in Italia, a partire dal 2 febbraio 1957, quando per la prima volta la televisione trasmise il Carosello, che per vent’anni (fino al 1977) fu la più amata trasmissione televisiva. Molti lettori lo ricorderanno (anche con un po’ di nostalgia); i più giovani, probabilmente, lo avranno sentito nominare nei discorsi e, inavvertitamente, avranno utilizzato nel linguaggio quotidiano decine di modi di dire provenienti dai tormentoni del Carosello.
Ci si può domandare come mai la trasmissione più amata dagli italiani di allora fosse la pubblicità (perché questo, in sostanza, era Carosello). Il primo motivo è rappresentato dall’assenza di una varietà nei palinsesti di allora, tenuto anche conto che la tv pubblica era nata da appena tre anni; il secondo dalla miseria ancora molto, troppo diffusa: per tante famiglie, specie di immigrati al Nord, i prodotti pubblicizzati dal Carosello erano miraggi di una vita serena e agiata. Ma Carosello rappresentava anche il programma amato da tutti: i suoi spot non erano sempre uguali (come quelli trasmessi oggi) ma cambiavano ogni settimana, imponendo costi altissimi alle aziende.
L’uso predominante dei cartoni animati attirava tutti i membri della famiglia, riuniti non più davanti all’antico focolare domestico, ma al modernissimo televisore. Carosello rappresentava la modernità spensierata: la leggerezza che lo contraddistingueva, e che ancora oggi è rimpianta, era una ventata di allegria e uno stimolo a guardare il futuro in modo positivo. I bambini, che spesso andavano a dormire dopo il Carosello, trovavano argomenti di discussione e imparavano i nuovi rituali della modernità nelle piccole scenette della pubblicità. Il risultato? Le sirene di Carosello contribuirono a far dimenticare il vecchio modo di vivere degli italiani, scegliendo uno stile di vita di consumo. Carosello servì ad alleggerire il distacco dalla zappa per milioni di contadini diventati operai in città.
Fu un intento voluto? In parte forse sì; ma, di certo, Carosello faceva trapelare una fiducia per il futuro che l’Italia di oggi ha dimenticato. Era uno dei pochi svaghi, d’accordo. Ma per l’epoca era uno svago di qualità, che permise anche di trasmettere un corretto italiano ai tanti che ancora non parlavano la lingua di Dante. Oggi, nel mare magnum della televisione, non c’è equivalente a Carosello. I palinsesti propongono un ampio campionario di nulla; e di fronte alla pena dei servizi di informazione, alla volgarità dei talk show e all’indecenza delle pellicole trasmesse, non possiamo che rimpiangere Carosello. L’omino con i baffi, Topo Gigio e Calimero battono il carrozzone della nostra Tv. Ed erano solo pubblicità!
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