l'editoriale
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08 Gennaio 2023 - 08:47
L’8 gennaio 1930, nella cappella Paolina del Quirinale, si tennero le nozze tra Umberto di Savoia, erede al trono d’Italia, e Maria Josè del Belgio. Un evento tanto epocale da convincere Vittorio Emanuele III, parsimonioso al limite della taccagneria, a spendere la favolosa cifra di 5 milioni di lire del tempo per l’organizzazione. Ma cosa nascondono le foto d’epoca che mostrano il principe di Piemonte, impeccabile e bellissimo nella sua divisa da ufficiale dei granatieri, accanto alla consorte, forse un po’ sgraziata nel vestito nuziale che lo stesso Umberto le aveva disegnato? L’apparenza può ingannare. Perché lo sposalizio che garantirà la discendenza ai Savoia-Carignano sarà segnato dalle profonde differenze caratteriali dei reali coniugi e avvelenato da una maldicenza i cui echi si fanno sentire ancora oggi.
Cresciuto con gli inflessibili precetti dell’ammiraglio Bonaldi, succube del padre al punto da essere incapace di dirgli di no per tutta la vita - anche nelle drammatiche e disonorevoli ore dell’8 settembre -, sinceramente religioso anche se non bigotto, Umberto resta una figura controversa. Custode dei cerimoniali di corte e militare integerrimo, amava comunque circondarsi di scapigliate amicizie borghesi e si concedeva distrazioni fuori etichetta come il tango. Per nonna Margherita era “al birichin”, per i rotocalchi “Il principe bello” o il “Prince charmant”. Già, ma per quali gusti? E qui ci si addentra in quelli che suo nipote, Emanuele Filiberto di Savoia, ha recentemente bollato come “volgari pettegolezzi”. L’Ovra, l’occhiuta polizia segreta fascista che su Umberto teneva un sempre aggiornato dossier, gli aveva infatti affibbiato un altro soprannome, quello di “Stelassa”. Una “Stelassa” che non avrebbe disdegnato la compagnia di giovani militari e marinai e che addirittura avrebbe inviato missive piene di ardore a suoi sottoposti che ne rifiutavano il corteggiamento.
Pettegolezzi, si diceva. Altrimenti non si capirebbe come all’erede al trono si possano contemporaneamente attribuire sbandate per l’attrice americana Jeanette McDonald o per la cantante Milly, al secolo Carolina Mignone. Sia come sia, di certo Umberto non ha mai portato questa passione all’interno della propria relazione coniugale. E’ infatti risaputo che a dividerlo da Maria Josè ci sia sempre stato un solco scavato dal suo essere fuori dagli schemi, più avvezza al bere, al fumare, al gioco d’azzardo o ai salotti con Malaparte, Benedetto Croce, Bonomi, De Gasperi e La Malfa che ai caminetti sabaudi dove era chiamata con disprezzo “La negresse blonde” per la sua capigliatura crespa e insensibile a qualsiasi piega. Una diversità così marcata da aver addirittura dato voce alla diceria (ovviamente falsa) che i principini fossero stati concepiti in provetta o comunque figli di ben altri padri. E anche qui i sospettati non mancavano, dal campione di pugilato Primo Carnera ai cugini acquisti Aimone e Amedeo di Savoia fino ad arrivare, qualche anno dopo le nozze, a Lui, Benito Mussolini. Lo stesso Duce contro il quale Maria Josè architettò un golpe mai realizzato per destituirlo ben prima del 25 luglio 1943. Una contraddizione che, da sola, basta a certificare l’infondatezza di questo gossip tra Fascio e Corona.
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