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Foto: Depositphotos

C’è allarme per la decisione del Giappone di riversare in mare l’acqua di raffreddamento del reattore nucleare di Fukushima. Dovremmo allarmarci di più per la presenza nei mari di tutto il mondo, e in particolare nel Mediterraneo, di una dozzina di navi e circa 150 sottomarini a propulsione nucleare. La loro navigazione è già di per sé inquinante, ma il rischio peggiore sono gli incidenti. Citando solo gli affondamenti, sei sottomarini (2 statunitensi e 4 russi) giacciono oggi in fondo al mare per incidenti. I sommergibili in genere sono progettati per resistere alla pressione del mare fino a 500 metri di profondità. Oltre, lo scafo si danneggia irrimediabilmente e non riesce più a trattenere le sostanze inquinanti che ha a bordo. Un sommergibile affondato non è un contenitore “ermetico” che conserva il materiale radioattivo come un involontario deposito, ma una bomba ecologica aperta, incapace di impedire la dispersione nell’ambiente delle sostanze radioattive. Senza contare che in alcuni casi i sottomarini affondati trasportavano testate nucleari. Oltre agli affondamenti, poi, ci sono le decine di incidenti (quelli noti…) dovuti ad urti ed avarie, con dispersione di radioattività nell’ambiente. Un caso che ci riguarda da vicino è quello del sottomarino atomico americano Hartford incagliatosi nel 2003 alla Maddalena. Il segreto militare grava come una cappa di piombo su tutto ciò, ma invece di preoccuparci per il Giappone dovremmo guardare un po’ meglio cosa succede in casa nostra. Da noi le centrali nucleari sono bandite, ma i pesci sardi sono radioattivi. Dedico questo pezzo a chi è stufo di angosciarsi solo per il Covid.

collino@cronacaqui.it
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