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Platone mangiava pane carasau

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Una pausa rilassante nella tempesta del Covid? Eccola. Il linguista sardo Bèrtulu Porcheddu ha scritto un libro (“Il più grande falso storico di tutti i tempi, la lingua latina comune”) in cui sostiene che il latino deriva dal sardo, e non viceversa. Sissignori. “Il latino che si studia oggi nelle scuole – spiega lo studioso – non è l’evoluzione del linguaggio parlato nel Lazio antico, ma una lingua costruita a tavolino subito dopo l’occupazione militare romana dei territori peninsulari in cui sorgevano le città della Magna Grecia (267 a.C.)”. Oh basta, là! Secondo Bèrtulu considerare il sardo una lingua neo-latina significa distruggere la storia millenaria della Sardegna nel Mediterraneo antico ante-romano. Le stesse città di Atene e Roma – dice il glottologo – sono state fondate dai sardi, che per 4mila anni prima di Cristo hanno dominato la scena su tutto il Mediterraneo. Ciàma ‘n aotr! Senza lasciare tracce? No. Ora capisco. La ‘mensa’, tipica focaccia romana, era un’imitazione della spianata. Il Colosseo è una pacchiana e megalomane imitazione di un nuraghe. Il parmigiano è nato dal vano tentativo di copiare il pecorino. La porchetta laziale è una versione spuria del porceddu. E tutti i letterati greci e latini, prima di scrivere i loro capolavori, facevano come Manzoni, che prima di scrivere i ‘proessi sposi’ andò a Firenze per “sciacquare i panni in Arno”, cioè per ritrovare parole e cadenze dell’italiano originario. I latini andavano in Sardegna a sciacquare le tuniche nel Flumendosa. Bastardi! Con la scusa di andare là a studiare, hanno bruciato intere biblioteche di trattati, poemi, tragedie e commedie in sardo antico. Aveva ragione Bossi a dire Roma ladrona.

collino@cronacaqui.it
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