Letta e imparata

È bello da queste colonne ogni tanto occuparsi di personaggi marginali, pittoreschi e folkloristici. Uno di questi è il tappo Enrico Letta. Tappo non perché nano, ma perché è stato ripescato dal Pd e messo in fretta sul buco di scarico del partito prima che la fuga di Zingaretti vuotasse il serbatoio elettorale. Lui, umiliato dal Renziano “Letta, stai sereno”, si era rifugiato a Parigi perché a sinistra fa fico (ci sono gli ex Br latitanti) e guardava sempre le previsioni meteo. Se davano sereno, lui usciva con le mutande di latta.

Richiamato a fare da tappo, ha subito suggerito una serie di operazioni per recuperare voti senza capire che i voti al Pd non servono, è abituato da sempre a governare da fuori e da sotto, anche se nelle urne è in minoranza. E così, in un’Italia in piena emergenza Covid, mentre sta per scoppiare l’atomica della fine del blocco ai licenziamenti (si prevede un milione di nuovi disoccupati in piazza) lui ricucina lo Ius Soli per cuccare i voti degli immigrati. Non pago, propone il voto ai sedicenni per sedurre i ragazzini.

Per gli altri giovani indecisi, ecco la nuova tassa di successione con i cui proventi finanziare un bonus per i diciottenni, e magari una macchina. Poi ha sponsorizzato la legge Zan, per non perdere i voti arcobaleno, e la “quota nera” nelle istituzioni per sedurre i neri già qui da anni. Adesso forse chiederà la “quota mancina” per i sinistrimani e la “quota calva” per i pelati. Finito? Macché: ha proposto il sacerdozio femminile. Persino il compagno Bergoglio gli avrà suggerito di farsi una bella frittata di c… suoi. Ma lui è fatto così: anche una carica da rappresentante condominiale gli darebbe alla testa.

collino@cronacaqui.it