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Pugno di ferro e di ricotta

green pass covid

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La vicenda della poliziotta Nunzia Schilirò, sottoposta a procedimento disciplinare per le dichiarazioni anti green pass rese sabato scorso dal palco di una manifestazione romana, fa riflettere. La ministra Lamorgese, i giornalisti e i politici favorevoli al green pass obbligatorio non si sono pronunciati sul vero nodo della faccenda (il diritto di chiunque, in veste di privato cittadino, di dissentire da un provvedimento legislativo) e si sono concentrati sul dovere di ogni dipendente statale di rispettare e far rispettare le leggi. Quindi, secondo questo principio, il Duce aveva ragione a condannare e perseguitare tutti gli ex combattenti passati fra i partigiani. Nello stesso tempo si capisce però anche la ratio di questa prassi: sarebbe impossibile affidare la sicurezza nazionale ad un esercito, una polizia e un’amministrazione che discutessero di volta in volta la legittimità degli ordini ricevuti. Neanche lo sguardo all’estero per trarre ispirazione conforta: nessuno stato democratico ha reso obbligatorio il vaccino ed ha esteso il green pass alle dimensioni italiane. Il dubbio d’incostituzionalità è fortissimo, rinforzato dalla sospetta estensione al 31/12 dello stato d’emergenza (provvedimento giustificabile solo in situazioni gravissime) nell’attuale rassicurante quadro di regresso generale e costante del Covid. È troppo facile chiedere di far rispettare le leggi, senza se e senza ma, alle stesse forze dell’ordine a cui si dice (sottobanco) di chiudere un occhio, come succede da oltre mezzo secolo, sui reati di interruzione di pubblico servizio, blocco stradale e ferroviario reiterati a man salva dai sindacati ad ogni licenziamento collettivo. Decidetevi. collino@cronacaqui.it
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