Fascino di una divisa

Per “coadiuvare” l’organizzazione durante il prossimo Eurovision Song Contest sono previsti 600 posti, per i quali il bando indica sommariamente le caratteristiche. Per l’età si parla di “giovani maggiorenni”, cioè candidati con 18 anni compiuti, ma anche più di 40 se belli e ben tenuti. L’importante è sentirsi “giovani dentro”. Poi si parla di turni e fasce orarie (il che fa sembrare il volontariato un vero lavoro) e si richiede la conoscenza dell’inglese fluido per gli “attaché” che seguiranno le delegazioni. Facile arguire che verranno selezionati i più belli, alla faccia del politicamente corretto. Paga, però, zero. Una divisa, un buono pasto al giorno, un diplomino a fine evento e una pacca sulla spalla. Come alle Olimpiadi invernali del 2006. Eppure a disputarsi quei 600 posti si sono presentati (per ora) in 12mila. Forse sognano di essere assunti con posto fisso alla fine della festa, come i navigator del reddito di cittadinanza. Siamo in Italia, no? Fai un po’ di cortei, t’incateni, hai visto mai… Facciano pure. Io trovo scandaloso che si ricorra al lavoro gratuito e privo di tutele per eventi commerciali che generano utili milionari. Le spese? Variano da edizione a edizione. Quella in Azerbaigian costò 60milioni di euro. Quella in Svezia ‘solo’ 15 e i guadagni furono di 36,8. Per Torino si parla di 30. Sarebbe stato una bestemmia darne il 4% (200 euro caduno) ai volontari? C’è poi un’ultima considerazione: ricordate i blitz con droni e binocoli durante le vendemmie per ‘stanare’ parenti e amici che danno una mano ai vignaioli? Lì fioccano multe milionarie. Ma dare una mano gratis ai contadini non si può, ai miliardari della musica e dello sport si deve.

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