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IL BUONANOTTE
19 Giugno 2023 - 06:30
Meno parole sai, più ti plageranno
Due sono i pilastri dell’apprendimento di una nuova lingua. Il primo è conoscerne le regole grammaticali. Il secondo è impararne più parole possibile. O andando a vivere dove le usano, ond’essere costretti ad impararle per capire e farsi capire, o leggendo prosa scritta in quella lingua. Il significato delle parole ignote, in questo caso, lo si capirà dal contesto.
Il vocabolario è solo l’extrema ratio. Lo stesso vale nella nostra lingua madre. L’Invalsi dice che 50 anni fa un ginnasiale conosceva circa 1600 parole, oggi non più di 500. Da qui nasce l’esortazione a giornalisti e scrittori di “scrivere semplice” per essere capiti. Invece per me chi scrive deve sempre sciorinare tutta la sua ricchezza lessicale, pur evitando i termini desueti o arcaici. Sarà il lettore a imparare dal contesto (come avviene per le lingue straniere) le parole che non conosce. E capirà anche le sfumature di significato tra i sinonimi.
Da ultimo, dopo la musicalità e la fluidità della prosa (che a suo modo sa “cantare ed incantare” come la poesia) imparerà ad apprezzare l’uso sapiente della punteggiatura. C’è chi vorrebbe abolirla, ma basterà rispondergli col noto esempio del poeta Cortàzar: «Se l’uomo sapesse realmente il valore che ha, la donna andrebbe continuamente alla sua ricerca.» Spostando la virgola (quella semplice virgola che molti reputano inutile) dopo la parola donna, il significato della frase cambia: «Se l’uomo sapesse realmente il valore che ha la donna, andrebbe continuamente alla sua ricerca.» Purtroppo sono entrambe frasi oggi ritenute politicamente scorrette: la prima è maschilista, la seconda sessista. Ma questo mi rifiuto di accettarlo, figuriamoci di insegnarlo.
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