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La sentenza
14 Gennaio 2025 - 12:55
20 anni di carcere: è la condanna appena inflitta a Nino Capaldo, 58enne imputato per l’omicidio di Massimo Lodeserto, ritrovato senza vita poco più di un anno fa nelle cantine del palazzo Atc di via San Massimo 33.
Stamattina, davanti alla giudice Rosanna Croce, si è celebrata l’ultima udienza del processo con rito abbreviato. Il pubblico ministero Marco Sanini aveva chiesto proprio 20 anni di carcere per il 58enne, che ora dovrebbe versare un risarcimento provvisionale di 120mila euro ai parenti di Lodeserto, due fratelli e una sorella costituiti parte civile con l’avvocato Roberto Saraniti.
Nell’estate 2023, dopo la scomparsa della vittima, si erano rivolti al programma televisivo “Chi l’ha visto?” e all’associazione Penelope, che assiste i familiari delle persone scomparse (anche lei costituita parte civile, assistita dall’avvocato Benito Capellupo). Poi, il 4 dicembre, c’era stato il ritrovamento del suo corpo sotto masserizie di ogni genere, in una cantina di quel palazzo popolare in pieno centro.
Era stato subito fermato Capaldo, che si trovava ai domiciliari per scontare una pena per un omicidio commesso a Mondragone, in provincia di Caserta. Affiliato alla camorra, si era pentito e aveva iniziato a collaborare con la giustizia (ma ha ancora più di 10 anni da scontare). Secondo quanto ricostruito dal pm Sanini, il delitto sarebbe maturato per questioni di soldi e di donne: l’ex di Lodeserto, anche lui 58enne, avrebbe iniziato a frequentare Capaldo e a parlargli di 100mila euro che Lodeserto avrebbe preso da un’impresa di pulizie che gestivano insieme. Capaldo avrebbe provato a recuperare i soldi fino al 30 agosto, quando c’è stato l’omicidio a martellate invece del chiarimento previsto. Anche perché, a quanto pare, Lodeserto si è presentato con una pistola (poi rivelata un giocattolo).
L’avvocato di Capaldo, Gianluca Orlando, ha chiesto l’assoluzione del suo assistito o al massimo la riformulazione del reato in eccesso colposo di legittima difesa: «Sì, l’ho ucciso ma solo per legittima difesa. È venuto da me con una pistola ma non sapevo che fosse un giocattolo» ha sempre detto l’imputato. «Leggeremo le motivazioni fra 90 giorni per valutare un ricorso in appello» commenta ora il legale, che era riuscito a far escludere la premeditazione.
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