l'editoriale
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10 Aprile 2022 - 08:16
Per alcuni è stato un «ritorno a casa», come quello di Fabio Cordella, una vita da mediano e poi da nomade del pallone che, dopo la panchina da allenatore a Budapest, è diventato imprenditore vinicolo, coinvolgendo anche l’ex Milan Marcio Amoroso che “firma” una Verdeca (ma in “squadra” ha avuto anche Buffon e Zamorano). Per Alberto Malesani, ex tecnico granata, l’illuminazione è arrivata invece durante una trasferta in Francia e assaggiando un Bordeaux, ma forse «si nasce con il vino nelle vene»: oggi ha la sua tenuta La Giuva, in Veneto.
Per Anderson Hernanes, detto il Profeta, centrocampista anche della Juve, è stata una questione di amore: «Cercavo una casa in campagna, tra Langhe e Monferrato, e mi sono innamorato di una tenuta» dice. All’epoca era ancora all’Inter, poco dopo l’ha comprato la Juve e il destino ci ha messo lo zampino: con le cene al Cambio, conosce Diego Dequigiovanni, sommelier brasiliano che lo inizia al piacere del vino.
Il risultato, oggi, è “Ca’ del Profeta” a Montaldo Scarampi nell’astigiano: vigne, produzione di vino, resort e ristorante con lo chef stellato Christian Milone. E l’ex (o quasi) calciatore che ama, ormai, dedicarsi in prima persona anche alla potatura, alla vendemmia e studia nuove coltivazioni: «Volevo provare con l’Arneis, ma me l’hanno sconsigliato in quel territorio. Credo che pianterò del Nebbiolo».
Intanto però il suo gioiello è il Grignolino “Saudade”. «Un vino eclettico - lo definisce Hernanes -, che mi rispecchia». Un «anarchico testabalorda» come dicevano Veronelli e Gianni Brera, «scorbutico» da coltivare. E la memoria va a Nils Liedholm, il primo del mondo del calcio a produrre vino, proprio Grignolino.
E ora, come ha dimostrato la serata particolare di giovedì dell’Onav, l’organizzazione nazionale degli assaggiatori di vino, dal pallone al filare il passo è breve: i “Filari del Poeta” di Claudio Sala sono ben noti, ma la scoperta riguarda anche le coltivazioni biologiche di Andrea Pirlo, i vigneti di Nerello in Sicilia di Andrea Barzagli («Un vino da difensore, con i piedi piantati nel territorio. E di solito i difensori menano soltanto - scherza Hernanes - ma questo vino di Andrea ha classe come l’aveva lui») la Malvasia salentina firmata da Amauri, la Verdeca di Marcio Amoroso, ex Milan, il Valpolicella superiore di Malesani e il rosso toscano “Bordocampo” di Luciano Spalletti.
«Mi sono sentita un allenatore della nazionale» scherza Piera Genta, direttrice della sezione torinese dell’Onav che li ha messi in campo. «Nove vini in novanta minuti, tutti campioni» ha scherzato Gianpiero Gerbi, “arbitro” della serata e assaggiatore.
Hernanes, come nasce la passione per il vino?
«Per me il vino è stato quello che la mela è stata per Isaac Newton: una rivelazione. E dire che in Brasile non bevevo, anzi ero proprio astemio. Il mio è stato un cambiamento a centottanta gradi. Ho scoperto i vini, li ho studiati e mi appassiona tutto: ho imparato anche a potare. Quando assaggio un buon vino, mi emoziono»
Qual è il suo vino preferito?
«Come detto, forse il Grignolino: una sorpresa. Ho provato anche a metterlo in barrique. Quando ho iniziato, ho escluso solo il Dolcetto, che proprio non mi piaceva, e ho piantato Barbera. Questo che produco, l’Efraim, sa molto di vaniglia e cioccolato: i prossimi voglio farli più fruttati».
Dopo la Juventus, la Cina e il Brasile, ma continua a vivere qui.
«Qui c’è il cuore, oltre alla tenuta, il locale a Torino: mia moglie, i miei figli vivono qui e io voglio stargli vicino»
Ufficialmente, a 36 anni, non si è ancora ritirato: non le manca il calcio?
«Aspetto una chiamata, magari qualcosa di interessante, purché sia qui in Italia»
Ha voglia di dare una mano alla Juve?
(ride) «No, a quei livelli non credo che reggerei ancora. Può darsi che mi ritiri davvero quest’anno e pensi soltanto al vino».
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