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10 Ottobre 2022 - 08:16
Chiudere prima, stravolgere gli orari di lavoro, spegnere le macchine e riorganizzare i dipendenti. Per non rischiare di chiudere per sempre a causa del “caro energia” adesso le imprese, grandi o piccole che siano, si devono adeguare. Ed ecco allora che il negozio che per una vita ha sempre seguito gli stessi orari ora deve modificarli, perché le bollette sono lievitate anche del 400%. Oppure la gastronomia che per tre mesi ha sbarrato le porte ai clienti all’ora di pranzo, limitando l’utilizzo del forno, fa gli scongiuri nel ritentare di riaprire. «Ma alcune pietanze le cucineremo la sera prima per ottimizzare i costi» confessa German di Alpi Empanadas. O ancora, una panetteria e una parrucchiera di Piscina, come abbiamo raccontato dieci giorni fa da queste colonne. Ma lo stanno facendo tanti altri, per non soccombere. Enrico Vaccarino è il titolare della Carnec, oltre che presidente di Cna Giovani Torino e realizza ascensori e impianti per parcheggi. «Il “caro bollette” ci sta stritolando, confrontando settembre di quest’anno con settembre dell’anno passato registriamo un +60%» spiega Vaccarino, che ha quattordici dipendenti nel capannone di Castiglione Torinese, dove la produzione è stata rivoluzionata a partire dai turni dei dipendenti. «Al sabato mattina non produciamo più. E negli altri giorni per ammortizzare mettiamo il 100% degli addetti a produrre. Prima il 50% produceva e il restante 50% era fuori a installare impianti». Va da sé che non tutto il capannone rimane sempre e dappertutto illuminato. «Fino all’anno scorso illuminavamo un’ala anche con un solo addetto, ora lo facciamo solo se tutte le isole di saldatura sono piene di produzione, altrimenti quell’ala chiude e resta al buio».
Dalla manifattura al cibo, cambia tutto anche per il gelato. Cristian Ciacci, maestro del gusto, annuncia: «Dal primo novembre chiudo e riapro a febbraio. È la prima volta in 26 anni che lo faccio». Non c’è scelta, se ad agosto la bolletta era di 10mila euro contro i 2mila del 2021.
Anche per il gelato, la lavorazione viene rivoluzionata. «Producevo dalle 8.30 alle 15, adesso faccio tutto la sera, per il giorno dopo. E appena finisco stacco tutte le macchine, non lascio nulla in “stand by”», spiega Ciacci. Nelle due gelaterie gli orari sono cambiati. «Aprivo alle 10 e chiudevo alle 22. Ora apro alle 11.30 in corso Belgio e alle 12.30 in strada San Mauro. E la chiusura è attorno alle 20.30». Vito Gioia, presidente di Federvie Piemonte, afferma: «Chi cambia orari e produzione dimostra senso di responsabilità verso i clienti e i consumatori. Aumentare ancora i prezzi significava andare fuori mercato, e allora aziende e commercianti preferiscono cambiare strada. In ogni caso, rimettendoci».
In Borgo Filadelfia, invece, Cristina Bechea ha scelto di spegnere due frigoriferi su quattro e ottimizzare le scorte del suo negozio tra il banco e la cella ortofrutta. «Sono arrivata a pagare le utenze anche quattro volte più care negli ultimi mesi: un crescendo che ci spaventa» racconta Cristina. «Credo che, però, la staccherò quando arriveranno temperature più rigide, del resto, abbiamo già rinunciato a tenere alcuni prodotti» spiega Cristina, raccontando anche un altro drammatico retroscena: «Uno degli allevatori che faceva parte dei nostri fornitori ci ha detto che non avrebbe potuto più servirci perché non gli conviene nemmeno produrre a questi costi».
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