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Teatro Colosseo
24 Marzo 2023 - 06:00
Il caschetto biondo più amato d'Italia è nato nel 1957
Nino D’Angelo, “Il poeta che non sa parlare - a gentile richiesta”. L’interprete napoletano torna dal vivo sotto la Mole, a distanza di un anno, con tutta la sua eleganza e lo spirito partenopeo per proporre ancora una volta a un pubblico che ha dimostrato di amarlo fin dai tempi del caschetto biondo, il meglio del suo repertorio. L’appuntamento è per sabato 25 marzo al Teatro Colosseo. «Ho deciso di tornare sui palchi anche nel 2023 per ringraziare ancora una volta il mio pubblico che anche in quest’ultima estate ha dimostrato di amarmi».
L’occasione di Nino, classe 1957, per festeggiare tutta la sua splendida carriera iniziata nel 1976 con “Nu jeans e ‘na maglietta”, “Pop corn e patatine”, “Maledetto treno” e quelli della successiva svolta musicale “Senza giacca e cravatta”, “Jesce sole”, “O pate”, “Brava gente”. “Il poeta che non sa parlare” è anche un libro (edito da Baldini+Castoldi).
«Torino è una piazza obbligatoria. Io sono un cantante del Sud ovviamente, quindi dove c’è Sud ci sono io, però molti torinesi mi conoscono, sono amici dei meridionali e sono miei amici».
E’ per questo che ogni tappa registra il sold out, come in questa occasione, dove i biglietti sono andati a ruba. E, in fondo, non c’è da stupirsi. Nino è divertimento, leggerezza, il Maradona della musica che profuma di Napoli solo a pronunciare il suo nome. Quella Napoli che piace a tutti, anche ai bugia nen. «Durante il concerto ci sarà l’occasione per divertirsi con il mio repertorio degli anni Ottanta e per riflettere con quelli successivi. La gente da me cerca la voglia di parlare dei valori. Le mie canzoni vorrebbero riaccendere la luce su certi valori che oggi si sono un po’ appannati, come quello della famiglia. Penso che per salvare il mondo bisogna innanzitutto ritrovare chi siamo e da dove veniamo, vivere l’uno per l’altro. Io sono un cantante che rappresenta un po’ chi non ha voce, chi non ha avuto mai la luce, le persone che si vedono poco di cui la società si è dimenticata. Forse sono amato anche per questo».
Amato, anzi amatissimo, visti i numeri che il tour sta registrando nel Belpaese.
«Sono felice quando la gente è felice. Io mi sento parte dei quartieri poveri, perché ho vissuto di comunità, di gente che ha veramente poco ma dà tantissimo. Vedere tutti questi sold out è un piacere ed un onore, perché non c’è cosa più bella che sentirsi amati ed amare». Già, ma non è stato sempre così. In passato D’Angelo ha dovuto anche affrontare il pregiudizio di certo pubblico forse un po’ troppo austero. «Io non ho mai litigato con la critica, diciamo che la critica era un po’ severa con me negli anni ’80, quando ho fatto successo. Ero il ragazzino dai capelli biondi che andava in giro per l’Italia senza una casa discografica riuscendo a fare dei numeri che le major non riuscivano a fare. Quando hai successo a volte risulti anche un po’ antipatico, è una cosa normale, ma in verità le critiche dei giornalisti sono state sempre molto costruttive».
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