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Il vero fritto misto piemontese con 18 pezzi tra dolce e salato

FrittoMisto
La cucina tradizionale ha saputo trasformare in prelibatezze anche gli scarti. È il caso del gran fritto misto piemontese, che in sostanza è un modo di cucinare (e di presentare!) gli scarti della carne, le parti meno nobili dell’animale. Ciò che contraddistingue il fritto, infatti, sono le frattaglie: animelle, filoni, cervella, granelle e polmoni. Tutti pezzi dell’animale che, specie oggi, sarebbero scartati.

Invece, un tempo erano riciclati in piatti elaborati: da qui, la nascita di veri e propri piatti unici, come la finanziera o come il fritto misto piemontese, che comprende nella sua versione “doc” (ma quale è davvero la versione corretta?) almeno 18 pezzi, per un pranzo luculliano da condire con generoso vino rosso, in genere un barbera o un dolcetto del nostro territorio.

Come si può immaginare, è impossibile stabilire chi abbia inventato questo piatto, che si divide in almeno tre vassoi (uno di carne, uno di verdure e uno di dolci); tuttavia, si può dire che era ed è diffuso in particolar modo nel Monferrato, del quale costituisce una sorta di biglietto da visita gastronomico, curiosamente ancora poco noto oltre i confini regionali. È anche un po’ un gioco: perché identificare i pezzi impanati non sempre è facile.

Si parla, si ride, si trascorre un tempo a tavola in allegria: è il bello del fritto misto, che è per sua natura un piatto da gustare in allegria. La letizia aumenta quando si gusta il dolce, altra caratteristica che rende quello piemontese un unicum nel panorama dei fritti misti italiani, che pure sono molto variegati. Il ricco vassoio dei dolci è sicuramente il momento più atteso della cena, in genere con semolino e biscottini fritti, ma anche arricchito da crema, cioccolatini e frutta.

Insomma, il fritto misto non è un piatto ma una vera esplosione di creatività, un modo per sbizzarrirsi ai fornelli; certo, prepararlo in casa non sempre è facile, a causa del gran numero di porzioni da preparare e soprattutto a causa della difficoltà di reperire tutte le portate di carne. Bisogna preventivamente chiedere al proprio macellaio di fiducia; quindi, mettersi ai fornelli con molta pazienza. I nostri avi di pazienza ne avevano davvero tanta: in inverno, quando i lavori della campagna languivano, il tempo veniva passato anche preparando piatti ricchi di sapore e dalla lunga preparazione.
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