l'editoriale
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07 Settembre 2021 - 10:39
Sono ancora attive, talvolta vengono azionate pochi giorni l’anno per l’irrigazione, altre volte sono sempre colme d’acqua corrente. Sono le bealere torinesi, diramazioni artificiali della Dora Riparia, un tempo vanto della città ed oggi considerate una specie di “chicca” per gli appassionati di cose cittadine. Così, quasi nessuno conosce il canale Meana, un tempo considerato un gioiello di architettura idraulica in quanto convogliava l’acqua della Dora all’altezza di corso Umbria (nella zona dell’ospedale Amedeo di Savoia). La più lunga delle bealere esistenti è però quella delle Vallett, “graziata” e quindi ancora sopravvissuta perché si trova in una zona solo tardivamente edificata, ancora in parte agricola o comunque in periferia.
La “Putea” (questo era il nome della bealera) scorre da zona Savonera, dividendosi in due rami che lambiscono la cascina Cavaliera e le Vallette. In parte è stata coperta, specie quando attraversa i quartieri più abitati, ed è quindi visibile nel contesto più urbanizzato soltanto in brevi tratti, chissà perché sopravvissuti. Ad esempio, si può scorgere un tratto di poche decine di metri in piazza Manno.
Sempre in zona nord, è ancora intuibile un pezzo del tracciato della bealera Barola, che lambiva la cascina Panatera sulla strada per Venaria. Ma soprattutto è ben evidente il tracciato della bealera della Pellerina, dal confine con il comune di Collegno: eccola in strada della Berlia, al servizio delle cascine ancora esistenti (l’omonima Berlia, quindi la Grangia Scott); un fosso è ancora presente al margine di corso Appio Claudio, anch’esso ben visibile. Vi è infine la bealera in strada del Portone, con una portata d’acqua tutt’altro che indifferente: la conoscono bene coloro che si recano al cimitero Parco, perché lì è ben visibile per qualche chilometro ed è distinguibile nell’area del parcheggio del camposanto. Certo è che le bealere un tempo non erano difficili da trovare e non serviva una “caccia al tesoro” per identificarle.
Tutt’altro: costituivano un elemento del panorama urbano ben noto, conosciuto da tutti i torinesi perché coloro che facevano quattro passi in campagna (il che vuol dire che attraversavano gli attuali quartieri di periferia) non potevano non imbattersi in questo intricato e geniale sistema di canalizzazione, che serviva per irrigare i campi e che rendeva l’agro torinese non dissimile da quello di molte altre città padane, ricche d’acqua e di ampi canali, dei quali le bealere erano in genere diramazioni. Torino ha poi progressivamente rimosso le bealere, che costituivano un intralcio nella pianta della città e che interrompevano le progettate grandi strade che collegavano il centro con le periferie; spesso, correvano anche verso i comuni limitrofi, con un complicato sistema di canalizzazione. Sotto Torino molte di esse scorrono ancora: sono una testimonianza del passato agricolo della capitale sabauda.
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