In via Giulia di Barolo 9 si trova uno dei più noti palazzi torinesi; anche se si tratta di gran lunga del più piccolo. È la “Fetta di Polenta”, una casa di nove piani complessivi che è anche un piccolo capolavoro di architettura, studiato anche nei manuali e noto non solo a Torino, ma anche all’estero. Uno spettacolare edificio triangolare, con ambienti microscopici. Oggi, due targhe identificano la Fetta di Polenta: una ne ricostruisce la storia, la seconda ricorda che lì visse Niccolò Tommaseo. È un errore: egli visse alcuni anni a Torino, dove giunse male in arnese (aveva la sifilide), ma non abitò mai qui.
Inizialmente, l’autore del fortunato “dizionario della lingua italiana” e del romanzo “Fede e bellezza” soggiornò in via dei Bastioni 10 (un tratto dell’attuale via Bertola) e poi si trasferì nella casa di recente costruzione realizzata dall’Antonelli in via Vanchiglia (ecco l’errore nel quale sono incorsi coloro che applicarono la targa sulla vicina Fetta di Polenta, sempre dell’Antonelli). In quel palazzo, Tommaseo e la sua famiglia, composta da cinque persone, vissero in un appartamento angusto e malsano. Tommaseo infine si trasferì in via Doragrossa, attuale via Garibaldi, al civico 22: qui, lo scrittore rimase fino alla fine del suo soggiorno torinese, nel 1859.
Dunque, qual è la storia della Fëtta ’d polenta (come si dice in piemontese)? Si tratta di un capolavoro di Alessandro Antonelli, l’autore della Mole Antonelliana. Il geniale architetto originario di Ghemme, nel Novarese, è autore delle più ardite opere del Piemonte moderno. L’Antonelli è anche autore della svettante cupola della basilica di San Gaudenzio a Novara e di altre opere nei comuni piemontesi. A Torino ha anche curato numerosi palazzi residenziali, tra i quali figura la nota “Fetta di Polenta” alias Casa Scaccabarozzi (questo il nome storico dell’edificio, dal cognome della moglie di Antonelli, una nobildonna cremonese). Qui, la coppia visse alcuni anni, per dimostrare che l’incredibile edificio era (ed è) abitabile: per capire la sua straordinarietà, bisogna ricordare che misura circa 16 metri su via Giulia di Barolo, 4,35 metri su corso San Maurizio e appena 54 centimetri sul microscopico lato (?) corto. Realizzato in più fasi tra il 1840 ed il 1881 (è stato rialzato per dimostrare che il progetto originario era corretto), la Casa Scaccabarozzi è una specie di simbolo del quartiere Vanchiglia. È senza dubbio singolare che l’architetto che realizzò l’edificio più alto di Torino progettò anche il più piccolo e bizzarro dei palazzi torinesi.
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E, a proposito di case singolari del capoluogo piemontese, bisogna ricordare altri due edifici. È poco noto, infatti, ma a Torino c’è un altro palazzo che è in qualche modo collegato, nell’immaginario popolare, alla Fetta di Polenta di Antonelli. È la cosiddetta “Fetta di Formaggio”, palazzina di via Vanchiglia angolo via Verdi realizzata su progetto del 1847 dall’architetto Reycend per il marchese Birago di Vische. Anche se questo edificio bianco, più tozzo, sembra un po’ una fetta di toma.
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