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Torino, la città della Sindone e i pellegrini per l’Ostensione

Sindone

È un oggetto misterioso, «icona del Sabato Santo», come ebbe a chiamarla il papa Benedetto XVI. Da sempre, questo telo interroga l’uomo; vero o falso che sia questo oggetto, per Torino ha significato molto. Le ostensioni hanno caratterizzato la vita cittadina fin da quando Emanuele Filiberto decise di trasferire a Torino la preziosa reliquia, un tempo conservata a Chambéry. Non era soltanto un atto di vicinanza a san Carlo Borromeo, che doveva portarsi a Torino da Milano; Emanuele Filiberto aveva infatti ben presente che la Sindone era uno strumento di potere, una giustificazione divina del potere di Casa Savoia.

Giuseppe d’Arimatea, un ricco e autorevole membro del Sinedrio, chiese a Ponzio Pilato di poter seppellire Gesù, non avrebbe mai immaginato che quel telo avrebbe significato tanto per i fedeli e anche per una dinastia regnante, che possedeva la Sindone dal 1453, dono fatto al duca Ludovico da Margherita de Charny. Quando i Savoia erano al trono, la Sindone veniva mostrata ai fedeli in piazza Castello o sulle gradinate del duomo di Torino, in giornate particolari dedicate interamente all'ostensione. I torinesi - ma anche numerosissimi pellegrini, accorsi in città - potevano venerare il Sacro Lino in piazza, e per questo i posti in "prima fila"- per così dire - erano molto ambiti. Ma vi era anche chi, come rivelano molti quadri raffiguranti le situazioni di quell’epoca, prendeva posto addirittura sui tetti delle case limitrofe: una devozione che noi oggi fatichiamo a comprendere.

Le ostensioni erano attentamente concesse dai Savoia in occasioni di importanti feste dinastiche come nascite o matrimoni, o ancora per solenni ricorrenze religiose o anche politiche, come il ritorno della casa regnante dopo la parentesi napoleonica. Uno strumento di potere che era anche un ottimo volano economico per la città. Torino era lieta di ospitare la Sindone perché le ostensioni, tra Sei e Settecento numerosissime - poi via via diradatesi - attiravano una grande quantità di gente. Le immagini d’epoca ci presentano il grande afflusso di pellegrini in duomo per le ostensioni più recenti, dell’Otto e del Novecento. Poi, dopo la fotografia scattata da Secondo Pia nel 1898, la Sindone divenne nota non soltanto tra i cattolici ma anche nel mondo laico, che si interrogò sulle straordinarie qualità di questo tessuto dando il via ad una particolare disciplina scientifica denominata e conosciuta appunto come "sindonologia".

La Sindone ha cessato di essere di proprietà dei Savoia con la morte di Umberto II, che la donò al papa nel 1983, nel suo testamento; tuttavia, non ha cessato di interrogare e di affascinare. Di sicuro, la Sindone ha permesso a Torino di essere conosciuta nel mondo: ancora oggi, in ambito cattolico Torino non è la città dei Savoia o la città della Fiat. È la città della Sindone.

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