Cerca

Si vis pacem para bellum

guerra gn
Il ventiduesimo giorno di guerra sembra chiudersi con una timida speranza: quella di una pace possibile. O almeno così sembra di capire dalla ridda di informazioni che filtrano da quella terra martoriata. A dirlo sarebbe il capo negoziatore ucraino, Mykhailo Podolyak, che in un’intervista alla televisione polacca parla di una soluzione entro dieci giorni sui punti controversi della trattativa con l’omologo russo. Ma quale possa essere il prezzo imposto da Putin che di solito non fa sconti, non è dato di capire, così come resta da comprendere come la popolazione, dopo questi giorni di tragedia, possa accogliere un eventuale patto con l’invasore. E il perché è facile da capire: non si tratta sul futuro nel corso di una tregua militare, ma nel pieno svolgimento di questo massacro il cui prezzo lo stanno pagando i civili inermi. E purtroppo anche i bambini innocenti. La cronaca della guerra di giornata segnala ancora attacchi con missili e bombe su Chernihiv e Karchiv, dove tra le 21 vittime ci sarebbe anche un cittadino americano. Quattro i bimbi uccisi ieri, uno aveva due anni. Intanto si scava a Mariupol, anche con le mani, alla ricerca di superstiti. Per fortuna, come raccontiamo nel servizio di pagina 3, il vecchio teatro trasformato in un bunker per la popolazione, ha tenuto. Ma non sappiamo quante vite siano andate perdute. Conosciamo solo i dati complessivi del massacro. E la mente nostra corre ai peggiori crimini di guerra di questi ultimi decenni. In Kossovo, in Siria, in Afghanistan. Stragi senza colpevoli ad eccezione forse di Slobodan Milosevic. Sarà la storia a giudicare, intanto gli scenari mondiali si arricchiscono di nuove, pesanti prese di posizione, come quella del presidente francese Macron secondo cui Mosca sta solo fingendo di negoziare. Al punto di informare i suoi concittadini che occorre prendere coscienza del pericolo e potenziare l’esercito «per essere pronti a rispondere ad una guerra di alta intensità che può tornare sul nostro continente». Parole che sembrano stridere con quelle del capo negoziatore ucraino ma che ben si collocano nella strategia europea tesa a realizzare una forza militare unitaria che, solo un mese fa, sarebbe parsa una fantasia. Si vive con l’orecchio alle sirene che annunciano i bombardamenti e con la mente protesa verso gli sforzi della diplomazia che a questo punto coinvolge tute le principali potenze mondiali. Il presidente americano Biden oggi incontra telefonicamente il presidente cinese Xi Jinping per un colloquio richiesta dagli Stati Uniti sulle “relazioni dei due paesi e su questioni di reciproco interesse”. Comprese, si potrebbe aggiungere, quelle commerciali ed economiche, anche se la nota stampa non ne fa cenno. Sarà un passo decisivo sulla neutralità possibile del gigante cinese? L’interrogativo si scontra, sul campo di battaglia e nei paesi confinanti, con le minacce di marca bielorussa e con la decisione del premier Johnson di installare un sistema antimissile in Polonia. Un batti e ribatti che dimostra ancora una volta che, mentre gli innocenti muoiono sotto le macerie di case e palazzi, la politica gioca con le parole e le minacce. Come ieri. Gli antichi romani dicevano “Si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra.

beppe.fossati@cronacaqui.it
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.