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Alle spalle dei vincitori

Come ogni volta che si svolgono grandi eventi - Mondiali, Olimpiadi, Europei - l’Italia scopre che esistono anche altri sport oltre al calcio, e a essere onesti anche pallavolo, Formula 1... Succede con il nuoto, dove dobbiamo prendere atto di avere una delle squadre più forti di sempre che a Roma ha fatto piazza pulita di medaglie. Succede ancor di più con l’atletica, anche se il bis dei trionfi di Marcell Jacobs e Gimbo Tamberi forse non ci fa vedere bene il quadro completo.

Per esempio il fatto che, non distante dalla corsia di Marcell, nella finale dei 100 metri, c’era un altro ragazzo italiano, Chituru Ali, che in semifinale sembrava semplicemente volare. E che dire di Pietro Arese? Nei 1500 metri ha stabilito il suo miglior risultato di sempre ed è arrivato a un passo appena - non è una metafora - da un podio che ha cercato con coraggio di agguantare. E poi Larissa Iapichino, Dario Dester che gareggia in una disciplina titanica ma poco vista come il decathlon, e tanti altri.

Non tutti hanno sorrisi incorniciati dall’oro, ma al termine delle loro prestazioni ti raccontano la sfida emozionante di competere a quei livelli e di farlo sfoderando coraggio, «pensando in grande», anche se davanti ci sono i più grandi, perché è l’unica maniera di migliorarsi, di riuscire. La sconfitta diventa solo una tappa da cui ripartire, essere battuti è qualcosa per cui non puoi incolpare gli arbitri, i sorteggi, invocare le moviole.

Sono belli quei sorrisi nelle interviste anche di chi è arrivato ultimo, come lo sono i gesti come quello di Gimbo che abbraccia l’avversario sconfitto o proprio di questo che batte il tempo assieme al pubblico quando Tamberi prova il primato. Non dimentichiamoceli quando si spegneranno le luci.

andrea.monticone@cronacaqui.it
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