La luce delle stelle, a differenza di quanto si può credere, non svela gli angoli bui, ma anzi spesso li maschera ancora di più. Quindi la storia bella - non usiamo il termine “favola”, le favole sono sempre nerissime e crudeli - del Marocco, l’eclissi di CR7 o del Brasile non sono motivo sufficiente per dimenticare che in Qatar, il Paese che ospita una Coppa del Mondo che sarà comunque storica, si agitano ben altri problemi che non un pallone rotolante. A partire dal caso, ormai ben noto, degli operai morti per realizzare quasi dal nulla gli stadi nel deserto. Mesi fa il britannico Guardian denunciò che fossero 6.500 gli operai morti dall’assegnazione dei mondiali, ossia più o meno due anni. Il Qatar stesso e la Fifa hanno “corretto” quella cifra, portandola a poche decine, poi solo a tre o quattro operai. E tutti gli altri? Problemi cardiaci e respiratori a causa del clima. Così è stato detto. E ora le cronache ci consegnano una clamorosa indagine che colpisce le istituzioni europee: la magistratura belga ha infatti per il momento convalidato l’arresto e confermato le accuse per le quattro persone fermate nell’ambito dell’inchiesta sulle sospette tangenti dal Qatar all’Eurocamera. Si tratta della vice presidente del Parlamento europeo Eva Kaili - sul Web si possono trovare le due dichiarazioni, non troppo tempo fa, di quando difendeva il Qatar nell’ambito dei diritti umani e del lavoro -, dell’ex eurodeputato del Pd e di Articolo 1 Antonio Panzeri, dell’assistente parlamentare Francesco Giorgi (compagno di Eva Kaili) e di Niccolò Figa-Talamanca della ong No peace Without Justice. Secondo l’accusa il Qatar avrebbe cercato di ottenere dall’Europa politiche più morbide nei suoi confronti, sempre ricordando che parliamo di un Paese, anzi un emirato ossia una monarchia, che fino a poco tempo fa era sotto “embargo” di altri Paesi arabi per il presunto sostegno a Hamas e ai Fratelli Musulmani, sanzioni che si sono poi attenuati negli anni. Parliamo di un posto dove i rapporti omosessuali sono fuorilegge, quelli fra uomini, almeno, e dove si consuma una faticosa “occidentalizzazione” - chiamiamola così, anche se il termine è improprio - nel nome del business ché il petrolio non basta più, sulla scorta di quanto da anni avviene con gli Emirati Arabi Uniti, dove grandi multinazionali fanno affari e da dove imprese e fondi economici vengono a fare spesa in occidente, spesa di squadre di calcio, imprese, talenti, reputazione. Il calcio è la cartolina, il mezzo. E forse non è niente di nuovo: si giocò a pallone nell’Argentina dei militari e a tennis davanti a Pinochet - anche se in maglietta rossa - e più di recente abbiamo avuto mondiali e anche giochi olimpici alla corte di Putin.
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