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Il Borghese
20 Aprile 2023 - 17:40
Nosa è un uomo robusto, lo si capisce anche adesso che il suo corpo è avvolto nelle bende che nascondono profonde ferite da coltello. E sorprende il suo sorriso, appena celato dalla mascherina azzurra che un’infermiera gli ha applicato sul volto, quando dice: «Ringrazio il Signore perchè sono vivo», senza sprecare neppure una parola contro quel bandito che lo ha colpito almeno dieci volte dopo la rapina al supermercato.
Proprio come se lui, Nosa, originario della Nigeria ma torinese d’adozione con moglie e due figli piccoli, desse per scontato che nella quotidiana lotta tra guardie e ladri ci stia proprio tutto, compreso il rischio di giocarsi la vita.
Anche quando lo scontro è impari, mani nude contro un coltellaccio usato con rabbia omicida insistendo nei fendenti anche quando lui è caduto a terra in un lago di sangue. A ragionarci su sembra un atto folle, quasi sprezzante. E invece Nosa lo spiega con semplicità quasi fanciullesca.
E quando dice che deve difendere il supermercato e la gente che c’è dentro per fare la spesa, perchè questo è il suo lavoro, e che grazie al lavoro è rimasto in Italia e sfama la sua famiglia, il gigante ci colpisce al cuore.
Proprio come quando la moglie al telefono gli dice che noi lo abbiamo chiamato eroe e lui si schernisce con una timidezza inaspettata dicendo solo che si sarebbe aspettato almeno una telefonata dai suoi colleghi, un augurio di guarigione, insomma qualche bella parola.
Già, per lui il mestiere è quello di sorvegliare che tutto vada bene passeggiando lentamente tra gli scaffali. E rincorrere i ladri, quando arrivano lì. Come ha già fatto altre volte. Insomma un lavoro come un altro. Altro che eroe.
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