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IL BORGHESE

Le “cucine” dello spaccio

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Le “cucine” dello spaccio

Le “cucine” dello spaccio

Un’inchiesta della squadra mobile della questura svela come il mercato della droga che avvelenano la vita di chi vive a Barriera Milano non sia soltanto il punto di incontro tra spacciatori e consumatori, ma si avvalga persino di una fabbrica che prepara il crack. E poi lo smista probabilmente non solo a Torino.

Una cucina, come la definisce l’ordinanza che ha condotto a sette arresti che di fatto prepara le dosi, le confeziona e poi le affida ai cavalli che vendono in strada ma servono anche clienti più sofisticati che fanno ordinazioni per telefono con parole in codice: “la bianca” per indicare la cocaina, “la nera” per l’eroina. Come dire che c’è stato un salto di qualità nel mercato gestito dalla gang africane trasformando il territorio di Barriera non solo in un luogo di spaccio 24 ore su 24, ma addirittura in un fortino gestito dai trafficanti.

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Così come ha fatto un salto di qualità anche la protesta dei cittadini, ormai prigionieri di questa vergogna. Dalle telefonate al 112 alle fotografie dai balconi per denunciare i pusher si è passati alla contestazione in piazza, proprio davanti al Municipio. Con la rabbia che cela la paura è stato chiesto al sindaco, non senza tensioni, di intervenire con durezza. E Lui, Lo Russo, non ha esitato a chiedere aiuto al questore.

Un batti e ribatti che forse non risolverà la questione, come dice qualcuno che vorrebbe l’esercito in strada, ma che certo dimostra come la situazione sia al limite. E l’ordinanza della magistratura lo prova, svelando i retroscena di un mercato che pare radicato anche all’interno dei palazzi, con indubbie connivenze con chi gestisce locali e alloggi. La conferma che lo spaccio non è casuale ma risponde a precise logiche di mafia. Quella, per capirci che potrebbe anche governare il traffico dell’immigrazione clandestina. Un allarme sociale che ora entra di prepotenza nelle cattedrali della politica. E che richiede fatti e non solo promesse.

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