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03 Febbraio 2022 - 08:45
I primi furono i ragazzi della "Pyrates Confraternity", negli anni Cinquanta. Tra loro c’era il futuro premio Nobel Wole Soyinka: furono il primo “cult”, o setta, della Nigeria, il primo tra quelli che noi oggi conosciamo genericamente come «mafia nigeriana». A quel tempo, allo University College di Ibadan, che faceva parte della University of London, a frequentare erano soprattutto studenti ricchi, l’accesso allo studio era elitario. Soyinka e gli altri «gentlemen» combattevano tutto questo. Poi vennero altri gruppi, ci furono scissioni, molti espulsi dai cult ne fondarono a loro volta: c’era chi sposava lotte sindacali, chi come i “Black Axe”, ossia le Asce Nere, rivendicava la «lotta per la supremazia della negritudine». Un altro gruppo si fece chiamare Mafia, direttamente.
Oggi, nella Nigeria che ancora punisce con il carcere o l’espulsione (per gli stranieri) l’omosessualità, i cult sono tutti fuori legge: decenni di scontri, di boom economico legato al petrolio, poi la guerra del Biafra, gli scontri, la recessione hanno portato la Nigeria a essere una delle più grandi contraddizioni d’Africa, tra il benessere occidentale di Lagos, con l’arte, i festival letterari, il turismo, l’industria cinematografica di Nollywood, e lo scontro quasi tribale di gran parte del resto della federazione, con i cult ora divenuti veri gruppi criminali, esportati anche all’estero, soprattutto in Italia. Un Paese ricco ma fragile, dove quattro studenti possono essere linciati e bruciati vivi dalla folla inferocita.
È successo davvero, tempo fa, è Femi Kayode, scrittore e autore televisivo nigeriano poi emigrato negli Usa, parte da questo episodio per il suo romanzo d’esordio, “Il cercatore di tenebre” (Longanesi, 18,60 euro, traduzione di Andrea Carlo Cappi). Tre studenti universitari bruciati vivi nella cittadina di Okriki, tra cui il figlio di Emeke, un potente banchiere. Ed è lui a chiedere una consulenza al dottor Philip Taiwo, psicologo forense tornato in Nigeria assieme alla moglie e ai figli dopo aver studiato e lavorato negli Stati Uniti. Taiwo dovrà andare nella cittadina e ricostruire le dinamiche del linciaggio, capire perché il ragazzo, che il padre non crede potesse far parte di una setta, sia stato coinvolto e ucciso.
Il dolore di un padre diverrà voglia di vendetta, mentre Philip si troverà al centro di qualcosa di più di una esplosione di violenza incontrollata. Accompagnato dalla rivelazione di suo padre di aver fatto parte di una setta, e da Chika, sedicente autista di Emeke laureato in informatica le cui cicatrici sul corpo, e le azioni, raccontano tutta un’altra storia, tra un ispettore di polizia impenetrabile e una affascinante donna, Salome, avvocato, incontrata in aereo, Philip non può però sapere che qualcosa si agita nell’ombra. Un uomo cui è stato dato a forza il nome di un papa, ma che dentro di sé maschera l’odio ed è questa la luce di cui è cercatore, stando al titolo originale del libro.
Un thriller di azione e introspezione, adrenalinico il giusto, che affronta i temi che sono ancora ferite aperte per la Nigeria e per una generazione che si è sentita derubata da quella precedente, finendo con il portare alla perdizione quella successiva. Le dinamiche delle confraternite sono affascinanti, tra estorsione, voodoo, droga, ideali traditi e affogati dalla smania di potere: Femi Kayode affonda lo sguardo affilato come un bisuri nelle contraddizioni del suo Paese, che ha guardato da lontano proprio come il suo protagonista e ora fatica a comprendere. E c’è la violenza esternalizzata, strumentalizzata, c’è l’azione micidiale dei social per influenzare la gente. Nella culla del mondo, tra strade di fango e grattacieli, mototaxi e jet privati. Un romanzo che fa comprendere anche le dinamiche di una criminalità che nelle nostre strade riduciamo a luoghi comuni per non vedere la ferocia ancora più terrificante.
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