l'editoriale
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07 Luglio 2022 - 08:37
Chi ricorda bene “Il vecchio e il mare” sa certamente che la fatica improba del vecchio Santiago per issare sulla barca un marlin è spietata metafora di vita - la gigantesca preda viene divorata dagli squali ben prima del ritorno al molo - ma è principalmente epica moderna e antica. Perché la pesca è dannatamente letteraria, già iconograficamente se vogliamo, pensando a quei ritratti di scrittori, specialmente quelli di questo nuovo movimento non dichiarato che arriva dal cuore degli States, non dai party e dalle riviste patinate di New York o dagli scintillanti neon notturni di una Los Angeles da thriller: basta guardare David Joy, uno dei massimi e più freschi esponenti di questa ondata, nel suo rifugio tra i boschi, con accanto un vecchio pick up arruginito e in mano una canna da pesca. Oppure Chris Offutt, considerato dalla rivista Granta tra i venti migliori narratori delle ultime generazioni... Boschi e foreste, dal Maine ai grandi laghi, per catturare un pesce gatto o prede più piccole da ributtare in acqua.
«Tutto ciò che so della bellezza l’ho imparato con una canna da pesca in mano» dice non a caso David Joy che, assieme a Eric Rickstad, autore bestseller del New York Times, è curatore dell’antologia “Al fiume” (Jimenez, 18 euro, traduzione di Beatrice Caserini, Martina Franzini, Ludovica Marani e Edoardo Vicario) che mette insieme ventinque celebri scrittori americani, a partire dai due curatori e da Chris Offut, ma anche Ron Rash, finalista del premio PEN/Faulkner. Tutti insieme raccontano avventure e ricordi legati alla pesca e disegnano una geografia dell’anima fatta delle montagne della gioventù di Ron Rash, del fiume dove C.J. Box vorrebbe che fossero sparse le sue ceneri, o di quello dove William Boyle non è stato mai portato dal padre. E se Offutt ci parla della caccia a “Mister Big Fish”, dove perde equipaggiamento, barca, denaro e quasi quasi anche la moglie, Natalie Baszile ci porta nelle paludi della Louisina a caccia di rane, Jill McCorkle diventa adulta incontrando le “ragazze triglia”,
«Molto di quello che ho capito sulla scrittura è stato forgiato dalla pesca - spiega Ray McManus -. Puoi faticare quanto vuoi, e ritrovarti comunque con niente attaccato all’amo». Mentre per J. Todd Scott «a volte i pesci più importanti sono quelli che non hai preso. O forse, persino a mani vuote, in un certo senso ero riuscito a prendere qualcosa di più grande».
Il senso dell’attesa, della comunione della natura nel momento in cui ci sei letteralmente immerso - con l’acqua all’altezza delle cosce, non certo seduti su un molo -, ma anche quello della perdita. «Una parabola - dicono dalla casa editrice Jimenez -sull’importanza del saper guardare alla semplicità dell’esistenza e farne un amo per pescare la felicità nel caos della vita».
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