l'editoriale
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25 Agosto 2022 - 08:25
Il Bossi è uno tosto, ma ha qualche problema con gli stranieri: anzi, diciamolo pure che è chiaramente xenofobo. E non ci sarebbe niente di strano, se non fosse che il Bossi è nero «come una macchia nella tazza della colazione del Mulino Bianco» e di nome fa Angelo Babacar, «un migrante autarchico e stanziale» si definisce. «E a dirla tutta, lui è xenofobo nei confronti di chiunque non sia della Val Brembana, ma lui stesso, oltre a essere nero, si chiama Bossi, che non è un cognome locale» scherza di solito Andrea Ferrari, il creatore di uno degli investigatori più curiosi e divertenti del panorama noir. Sì, Angelo Babacar Bossi fa l’investigatore privato: due metri d’omone e un fascicolo dai carabinieri «più spesso del mio settebello» e tante cose che non si possono dire. Ma è bravo nel suo lavoro, per amore della verità. Stavolta, però, avendo rotto pesantemente le scatole alla mafia nigeriana, deve mettersi al sicuro e il destino dove lo porta? Nel suo Senegal, all’Africa cui è stato strappato e dove pensa di scoprire qualcosa di più su se stesso. Trova lavoro per una Ong che opera in una specie di campo profughi - «E scopre anche il razzismo africano, sì perché esiste anche lì» ha dichiarato durante una presentazione Andrea Ferrari - e vi si dedica, fino a quando da un villaggio non lontano non scompare una bambina. L’investigatore, quindi, riemerge dai panni del cooperante, che si trova lanciato in una torbida storia di traffici di bambini. “Cuore di birra” (Laurana, 16,50 euro) è un romanzo divertente, ma dal gran ritmo, con una playlist coinvolgente - ascoltatevi “nu latitante” o “Artificial red” oppure “Black Hole Sun” dei Soundgarden mentre leggete e vedrete - che vi farà affezionare ad Angelo Babacar Bossi.
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