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20 Ottobre 2022 - 08:42
Maryse Condé dice di essere cresciuta con «la fiducia nel domani». Francese di origini caraibiche, vincitrice del “Nobel alternativo” e più volte candidata a quello “vero”, dopo il successo di uno dei suoi primi romanzi, era tornata nella sua terra d’origine, in Guadalupa, ma aveva trovato le porte chiuse, dall’editoria all’università: «Forse facevo paura?». Un messaggio di pace e speranza può fare paura? L’invito a credere nel futuro? Pochi giorni fa, scrivendo su una testata francese, raccontava che «i miei genitori hanno vissuto un’infanzia segnata povertà e privazioni. Nessuno di loro sapeva chi fosse il padre. La madre analfabeta di mia madre diventò cuoca per i bianchi. La madre di mio padre, una casalinga, si è aggrovigliata le dita nel ferro. E mio padre, di ritorno da una partita di football, l’ha trovata morta a terra con la faccia blu. Quando mio padre e mia madre si sono sposati, hanno giurato di regalare altri ricordi ai loro figli. Ciò che mi ha colpito di loro è stata la loro fiducia nel futuro».
Fiducia nel futuro, il messaggio di pace che deve essere il più sovversivo possibile. Come quello di un nuovo vangelo, che lei, a 85 anni, colpita dalla malattia, ha dettato parola per parola a una amica: “Il vangelo del nuovo mondo” (Giunti, 18 euro, traduzione di Silvia Rogai), un vangelo che arriva dall’Africa dove evidentemente «il Creatore aveva due figli e ha mandato qui il più giovane». E di nuovo in una stalla, in una domenica di Pasqua, dove la giovane Maya partorisce un figlio - frutto di una passione tradita, ingannata da un uomo tanto più grande - e lo lascia lì, sotto la coda di una cometa particolare, sicura che i padroni di casa Eulalie e Jean Pierre Bellanda sapranno occuparsi di lui e dargli amore. E così sarà.
Pascal, così sarà chiamato, crescerà nell’amore di questi due coniugi - lui afrodiscendente, lei con ascendenze vichinghe - tanto solleciti, creatori di fiori. E sarà bellissimo: un meticcio di cui sarà impossibile capire la razza, «una parola ormai obsoleta che andrebbe sostituita con "origine», come se Dio avesse mandato un nuovo messia meticcio proprio perché «nessuna razza fosse avvantaggiata».
Pascal, come il Messia originale, sarà però soprattutto Figlio dell’Uomo, perché di lui vorrà sapere, di questo padre sparito, giovane fragile in cerca delle proprie origini, la domanda più grande per tutti. Incontrerà l’amore, Pascal, compirà prodigi e si attirerà devozione e odio, con quest’ultimo che prevarrà alla fine. Ritroverà sua madre Maya, ora convertita all’Islam. Insegnerà la sua filosofia ai dipendenti di una fabbrica di caffè, riunirà attorno a sé dodici discepoli, dal fedelissimo Judas a due ladruncoli fuggiti dalle banlieu parigine. Predicherà contro la globalizzazione, immaginerà un bambino a salvare il mondo, soffrirà e sarà accusato. Ma nell’epilogo sta l’inizio. Per un romanzo intenso e dolce come il rum caraibico e feroce come le lacrime dei bimbi.
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