Uno dei banditi l’ha tenuto fermo, mentre l’altro ha premuto il grilletto. È questa una delle ipotesi emerse dall’esame autoptico cui è stato sottoposto Roberto Mottura, l’architetto ucciso da due rapinatori entrati in piena notte nella sua abitazione di Piossasco.
L’autopsia, eseguita ieri dal medico legale Roberto Testi, ha confermato che ad uccidere l’architetto è stato un unico colpo di pistola, una calibro 22, che è entrato dall’inguine, ha reciso l’arte - ria femorale e si è fermato poi all’altezza dell’osso sacro. Un colpo di pistola che a quanto pare sarebbe stato esploso praticamente subito, in quanto l’esame non ha evidenziato segni di lotta sotto le unghie della vittima e neanche dei lividi, tranne due. Il primo, al ginocchio, è spiegabile con la botta subita cadendo a terra. Il secondo, all’emitorace, farebbe invece pensare a qualcuno che lo ha tenuto fermo a quell’altezza, mentre l’altro gli sparava da distanza ravvicinata. Quasi una esecuzione. Come si temeva, dall’autopsia non è quindi arrivata alcuna svolta. Le indagini dei carabinieri, coordinati dal pm Valentina Sellaroli, si preannunciano complicate.
I banditi, oltre ad avere il volto celato da un passamontagna, indossavano i guanti e quindi, salvo un improbabile colpo di fortuna, è difficile che abbiano lasciato impronte in casa o sulla mazza ritrovata all’esterno dell’abitazione. I militari si stanno quindi concentrando sull’analisi delle telecamere, delle celle telefoniche e dei cellulari agganciati in zona, non solo quella notte ma anche nei giorni precedenti, visto che probabilmente i rapinatori hanno agito dopo aver sorvegliato proprio quella casa. Ai carabinieri, come già evidenziato nelle ore immediatamente successive al delitto, non sfuggono alcuni particolari “anomali”, a cominciare proprio dal fatto che i rapinatori, pur avendo a disposizione in quella zona numerose (e lussuose) ville isolate, siano invece entrati in un normale appartamento di una palazzina plurifamigliare: un obiettivo potenzialmente più difficile e meno redditizio.
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Senza contare che dei “professionisti” difficilmente agiscono armati e, se scoperti, tendono a scappare e non a reagire. E così, pur continuando a considerare la pista della rapina finita male come quella principale, non tralasciano altre ipotesi. In questi giorni quindi si sta scavando nella vita privata e professionale dell’architetto, alla ricerca di eventuali e poco conosciuti contrasti che potrebbero essere all’origine di quanto avvenuto, senza trascurare l’ipotesi che quello dovesse essere “solo” un avvertimento e non un omicidio.
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