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01 Aprile 2022 - 08:52
Un ristorante andato in fiamme, danni per centinaia di migliaia di euro subiti dai titolari e, almeno per alcuni mesi, nessuna spiegazione per quell’atto vandalico che ha messo in ginocchio (per un periodo) una famiglia. Fino a quando la procura, che ha coordinato l’indagine dei carabinieri, non ha scoperto, raccogliendo indizi e testimonianze, che gli autori dell’incendio non sarebbero membri di un’associazione a delinquere, né il movente legato ad affari o altri motivi. La ragione che avrebbe provocato nella mente dell’imputata, considerata la mandante del raid, la scelta di assoldare due uomini dando loro il compito di incendiare la pizzeria Milù di Rivoli, sarebbe sentimentale.
L’imputata, alla sbarra a un processo appena iniziato in tribunale, sarebbe stata convinta che una donna, legata ai titolari della pizzeria, avesse a sua volta un legame con l’uomo di cui lei era innamorata. Una tesi che potrebbe emergere con più chiarezza durante il dibattimento. Al processo sono costituiti parti civili con l’avvocata Caterina Biafora i titolari del ristorante di corso Susa. Gli imputati - una donna, la mandante e i due autori materiali dell’incendio - verranno giudicati rispettivamente in dibattimento e a un secondo processo con rito abbreviato. Uno dei due uomini indagati ha scelto la messa alla prova. A tutti viene contestato in concorso il danneggiamento seguito da incendio. A far divampare le fiamme fu del liquido infiammabile versato sui tavoli del dehors. «Abbiamo subito danni di immagine - spiega uno dei titolari della pizzeria Milù, Luca Carelli - oltre agli ingenti danni materiali da centinaia di migliaia di euro, solo per le attrezzature. Io e mio fratello abbiamo passato almeno due mesi senza dormire, giravamo come due matti per il paese chiedendoci chi avesse mai potuto compiere un’azione del genere».
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