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A 87 anni massacra la moglie: lei è morta, lui va a processo

marito violento

Spinte e gomitate ogni volta che la moglie, fragile perché affetta da un brutto male, gli passava accanto. «Vacca, lavapiatti».«Ti stacco la testa a te e a tuo figlio». «Ti ammazzo, ammalata. Che ci stai a fare? Muori». Pugni in testa, sedie lanciate addosso. E molteplici traumi cranici e fratture che la donna, picchiata dal 1964, non voleva raccontare: «Sono caduta», diceva in ospedale con le braccia fratturate. Le lesioni e la vita d’inferno dell’anziana sono proseguite fino all’ agosto del 2020, poco prima che la signora morisse, di malattia e di strazi vissuti.

La pm Lisa Bergamasco, nei giorni scorsi, ha chiesto due anni e mezzo di carcere per maltrattamenti aggravati e lesioni nei confronti dell’ex marito dell’anziana morta: un uomo di 87 anni, residente a Nichelino e originario di San Ferdinando di Puglia. Che ha continuato a picchiare la consorte usando bastoni, mobili, calci e pugni fino a pochi mesi fa: nonostante la donna avesse quasi 80 anni e fosse ormai ammalata gravemente.

La discussione è avvenuta davanti al giudice Pier Giorgio Balestretti, al quale l’imputato - processato più volte per avere picchiato la moglie per 70 anni - ha fornito una versione al limite del surreale: ha sostenuto che sarebbe stata la vecchina, pochi mesi prima di morire, a brandire, nonostante la grave malattia e le difficoltà motorie, addirittura una spranga di ferro e a rincorrere l’aguzzino per la casa. Una versione che contrasta non solo con il buon senso ma con il passato dell’imputato, processato più volte negli ultimi 20 anni per maltrattamenti e sottoposto per la sua pericolosità alla misura dell’allontanamento dalla casa familiare.

«Cagna schifosa, napoletana di merda». Oltre agli insulti quotidiani, l’imputato minacciava di ammazzare la moglie con un paio di forbici da giardino, le stesse che utilizzò anni prima contro il figlio, ferendolo con violenza e finendo a giudizio.

In una delle sentenze di condanna per maltrattamenti scritte negli anni scorsi, la giudice Diamante Minucci (nel 2016, quando l’imputato aveva 81 anni) scriveva: «La ossessionava con la gelosia e la volontà di controllarla in tutto», «Le tirava calci in pancia e sputi in faccia». Sottolineando: «Data di inizio del reato 572 cp: 1964». «Il lasso di tempo di più di mezzo secolo è troppo ampio tale da interessare il passaggio all’età adulta a quella matura alla vecchiaia», rimarcava la giudice.

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