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STUPINIGI

Fritz, l'elefante che amava il vino, è tornato nella "sua" Palazzina di Caccia di Stupinigi

Sarà ospitato nel Giardino di Levante. Nel Salone d’Onore, sarà messa in scena la pièce teatrale “L’amico Fritz, lo zoo di Stupinigi”

L'elefante Fritz torna a Stupinigi

L'elefante Fritz torna a Stupinigi

Fritz è tornato a casa. Dopo l’esposizione in piazza Castello a Torino, in occasione della riapertura del Museo Regionale di Scienze Naturali, il pachiderma in vetroresina è tornato nella Palazzina di Caccia di Stupinigi: da lunedì 12 febbraio e fino al 14 aprile l’accesso al Giardino di Levante sarà aperto al pubblico per permettere ai visitatori di vederlo nel Cortile dell’Elefante, nel luogo in cui il “vero” Fritz ha vissuto dal 1827 al 1852. Per l’occasione, domenica 25 febbraio, nel Salone d’Onore, sarà messa in scena la pièce teatrale “L’amico Fritz, lo zoo di Stupinigi” che ripercorre la storia dell’elefante e del serraglio degli animali esotici. Lo spettacolo è in programma alle ore 11, 15.30 e 17.

LA STORIA DELL'ELEFANTE CHE AMAVA IL VINO

Finita l’epoca delle grandi cacce, la Palazzina ospitò dal 1815 circa una “Ménagerie” destinata alla cura di una gran varietà di animali esotici. Una sorta di giardino zoologico ante-litteram in cui trovò posto anche Fritz, l’elefante indiano regalo del viceré d’Egitto Mohamed Alì al re Carlo Felice nel 1827, la cui storia a corte è ricca di aneddoti.

Per accoglierlo nell’ex scuderia fu ricavato uno spazio interamente recintato e dotato di un cortile con una vasca di forma circolare munita di scivolo per facilitare l’accesso nell’acqua del pachiderma. Fin da subito fu oggetto di grande interesse: fu ritratto dal vivo dalla pittrice Sofia Giordano e da Enrico Gonin nel 1835, attorniato da una folla di curiosi durante una parata, ed immortalato in un dagherrotipo, unico in Italia con un soggetto animale.

La presenza dell’elefante rappresentò un’occasione importante per mostrare alle potenze straniere l’importanza raggiunta dallo stato sabaudo e, inoltre, richiamò a Torino l’attenzione del mondo accademico. Casimiro Roddi, chef della Ménagerie, Franco Andrea Bonelli, Giuseppe Genè e Filippo de Filippi, che si avvicendarono alla direzione del Museo Zoologico torinese, registrarono con cura notizie e informazioni sui suoi comportamenti, la sua alimentazione (spesso inadeguata) e le cure mediche. Questo il necessario: “24 cavoli, vino 2 pinte al giorno, 50 pani al giorno, zucchero, riso, burro per ungerlo, tabacco da fumare e fumo di persona fumante”. Amava la musica e il suono del corno da caccia, oltre al canto del suo custode. Fritz fu l’attrazione e la star della Palazzina per ben 25 anni, fino alla tragica fine: dopo la morte del suo guardiano storico, Fritz afferrò con la proboscide il nuovo custode e lo scagliò a terra uccidendolo. Nel 1852 si decise così di sopprimerlo e oggi l’elefante tassidermizzato è custodito nel Museo Regionale di Scienze Naturali.

Nel 2015, in occasione della mostra “Fritz. Un elefante a corte”, realizzata dal Museo di Scienze Naturali di Torino e dalla Fondazione Ordine Mauriziano, è stata realizzata dalle Scuole Tecniche San Carlo una copia in vetroresina del pachiderma, tuttora custodita alla Palazzina di Caccia di Stupinigi.

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