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I grandi gialli del Piemonte

BandaArtusio
Pietro Artusio, il capobanda, era originario di Vezza d’Alba. Scontò una pena nel carcere di Chieri per porto abusivo d’armi, e la prigione, come spesso accadeva allora, lo rovinò. Messosi d’accordo con i suoi compagni di cella, una volta tornati in libertà iniziarono a compiere qualche furto per tirare a campare. Intrapresero, inizialmente, la via degli svaligiatori di case; ma gli insuccessi li spinsero a mutare la loro carriera in quella di rapinatori da strada. Nel gruppo, intanto, entrarono anche i cugini di Pietro, Giovanni e Vincenzo; aderì anche Giovan Domenico Guercio, uomo dalla forte personalità che spesso sostituì Pietro come capobanda.

In breve, quella di Artusio divenne la banda dei Vinattieri: forse, era un richiamo alle zone di provenienza degli Artusio, appunto le colline vinicole del Roero. Ammazzavano senza troppi complimenti e seminarono il terrore nelle campagne. Ma la giustizia li acciuffò: era l’ottobre 1846 e Pietro Artusio si offrì di collaborare sperando in uno sconto di pena. Il 22 febbraio 1850, alla lettura della sentenza, si scatenò una furibonda rissa nell’aula del tribunale, che era gremita di gente. Quando venne letta la condanna a morte per Giovan Domenico Guercio, che con il tempo era diventato il vero capobanda, Michele Violino e Lorenzo Magone, i condannati e gli altri componenti della banda si scagliarono contro Pietro Artusio, il pentito.

In breve, l’aula – che era pienissima – si riempì di urla e la gente iniziò a correre verso l’uscita; Vincenzo Artusio, il più scalmanato di tutti, venne raggiunto dai colpi di pistola esplosi da un carabiniere presente in aula, Carlo Panizza. Fu questione di un istante: barcollò e poi si schiantò a terra, senza vita. Immaginiamo il finimondo che stava avvenendo, nel mentre, nei corridoi del tribunale, con gente che correva all’impazzata e guardie che accorrevano. Giorni dopo, Carlo Panizza ottenne una medaglia per il suo pronto intervento. Guercio, Violino e Magone vennero impiccati il 18 aprile 1850 al Rondò dla Forca dal solerte Pietro Pantoni. Ricevettero il conforto spirituale di San Giuseppe Cafasso.
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