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Le “Storie” di Massini sulle note jazz firmate da Jannacci e Moretto

Massini

Le canzoni nascono da sole sono come i sogni, insegna Vasco Rossi. E le storie? Cosa si cela dietro un percorso narrativo prima che questo diventi tale e si concretizzi nelle pagine di un libro, per esempio. È ciò a cui tenta di rispondere lo scrittore Stefano Massini che da stasera (19,30) al 6 novembre presenta sul palco del Teatro Carignano il suo “Storie”, prodotto dal Piccolo di Milano. Non uno spettacolo, non un monologo ma una forma tutta sua di stare sul palcoscenico da grande affabulatore qual è, accompagnato dalla creatività musicale di Paolo Jannacci, al pianoforte, e di Daniele Moretto alla tromba e flicorno.

«Che cosa c’è prima di un testo? - dice Massini -. Semplicemente: la scintilla di una storia, l’innamoramento per la sua forza, per gli echi che contiene, e dunque la volontà di raccontarla. Solo che le storie si nascondono ovunque» al punto che oggi si parla di “bulimia” del racconto. Un one man show fatto in tre dove la geniale trovata di Massini per fare vedere a teatro la genesi di un racconto procede di pari passo con la musica di Jannacci e Moretto per un risultato tutto da scoprire.

«Io e Stefano ci eravamo conosciuti prima della pandemia, sono stato contattato da lui nel 2018 - racconta Paolo Jannacci - appena ci siamo visti, abbiamo fatto una prova per conoscerci ho capito che un certo tipo di musica mia era perfettamente armonica con la sua voce. Da lì siamo andati avanti, abbiamo scritto brani originali che potessero essere associati sia alle storie, sia al timbro della voce di Stefano e al suo modo di raccontare. Gli ho creato un tappeto sonoro, una colonna sonora. Sì, durante lo spettacolo ci sono picchi musicali, a volte canto e, soprattutto, c’è un intervento in un momento topico. Credo che l’esperimento sia riuscito, la soddisfazione maggiore l’ho provata poco tempo fa quando mia figlia tredicenne dopo lo spettacolo mi ha detto: “Papà, hai scritto una colonna sonora”».

Figlio d’arte, Paolo si porta appresso l’eredità di papà Enzo grazie al quale ha imparato ad amare quella musica che gli scorre nelle vene fin dalla nascita e che ha fatto di lui un jazzista eclettico nonché completo dato che suona pianoforte, fisarmonica e basso oltre a comporre e produrre. «Ho un bellissimo ricordo di me è papà a Torino - conclude - fu nel 2004 quando insieme ci esibimmo al Folkclub».

A fargli da eco sul palco l’altro grande del jazz italiano, Daniele Moretto, suo amico e collega. «Avevo partecipato alla prova di febbraio del 2020 - spiega - prima della chiusura per il Covid. Allora, con Paolo, avevamo pensato a come tessere il nostro canovaccio per interagire con Stefano e con il suo modo così particolare di raccontare al pubblico».

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