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Margherita Oggero: «A 81 anni ho avuto molte ultime volte...»

margherita oggero

Margherita Oggero deve essere stata una di quelle prof che molti avrebbero voluto avere: leggera, preparata e in grado di arrivare a tutti. Dev’essere stata sicuramente così, come nei suoi libri, carichi di energia giovane tanto da far risultare difficile pensare che dietro quelle pagine si “nasconda” una brillante signora di 81 anni. La signora in giallo torinese si potrebbe dire la quale, però, dopo una vita trascorsa a scrivere soprattutto di intrighi e omicidi (“La collega tatuata”, per esempio o la serie di racconti che hanno ispirato “Provaci ancora Prof!”) da qualche tempo si è data al romanzo dai toni più psicologici approdando oggi a “Il gioco delle ultime volte” (Einaudi). E’ così che la Oggero si interroga su: qual è stata l’ultima volta che si è fatto qualcosa senza sapere che sarebbe stata l’ultima? Di questo e tanto altro parlerà l’autrice oggi alle 15, ospite del Centro Congressi dell’Unione Industriale.

Signora Oggero, perché raccontare proprio l’ultima volta? «Sono rimasta colpita dalla notizia che lessi sul giornale circa le maestranze di una grande industria licenziate tutte con un sms un sabato mattina. Ho cercato di immaginare come la quotidianità potesse terminare così bruscamente da un momento all’altro e ho iniziato a pensare al libro a cui, però, non ho dato un risvolto sociale ma romanzato grazie alla storia di Ale e Nicola».

Impossibile trattenersi dal chiederle delle sue ultime volte... «Alla mia età, le mie ultime volte sono state parecchie perché si sono perse molte persone care all’improvviso, si sono vissute molte cose senza preavviso».

E dopo tante ultime volte, anche una prima: il Covid. Come ha vissuto questi mesi? «I primi tempi li ho vissuti con sgomento, come tutti d’altronde. E poi ci si abitua a tutto, noi uomini siamo animali adattabili. Mi sono mancate molto, però, le cose che facevo sempre come le cene con gli amici e i contatti. Inoltre, ho lavorato poco, credevo che avrei lavorato di più. La pandemia mi ha impigrita, devo ammetterlo».

Il libro era già finito? «Sì, lo avevo appena finito quando è iniziato il lockdown, l’ho solo sistemato un po’ qua e là, ma nella storia non si parla di Covid. Ho usato una volta la parola pandemia, quando il protagonista va al supermercato e non capisce perché ci sia tutta quella gente».

Le manca la scuola? «No, la scuola come istituzione no. Mi manca il contatto con i giovani, c’è sempre molto da imparare da loro».

Cosa pensa della Dad? «Non credo che segnerà gli studenti per molti anni della loro vita. Detto questo ritengo che nei rapporti insegnante allievo sia fondamentale il contatto umano, non credo tanto nei rapporti a distanza, perché a un certo punto si autodistruggono».

Legge i suoi libri una volta usciti? «Rileggo raramente i miei libri. Ho appena finito il libro di Bruno Ventavoli “Seimila gradi di separazione” esce oggi ma me lo ha mandato in anteprima. Leggo molto, sia il pomeriggio sia la sera a letto».

E lei a cosa sta lavorando? «La verità?».

Certo. «Al momento a nulla, sono davvero pigra. Credo, però, che con il ritorno alla normalità mi rimetterò in carreggiata».

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