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Oltre la mostra

Tre Monna Lisa per sognare: il fascino di Leonardo a prova di fake

L’originale al Louvre, a Madrid la copia degli allievi e al Valentino arriva la Gioconda della discordia (GUARDA IL VIDEO)

La Gioconda

La vera Monna Lisa custodita al Louvre di Parigi

Dal Louvre a Torino, il fascino della Monna Lisa, o della Gioconda che dir si voglia, rappresenta un mistero lungo oltre 500 anni. Probabilmente il giallo più intrigante della storia dell’arte. E quello che sta accadendo in queste ore alla Promotrice del Valentino dove da venerdì è esposta una presunta prima Monna Lisa di Leonardo da Vinci, non è che una nuova pagina nel lungo romanzo nato intorno alla figura della giovane Lisa Gherardini, moglie di Francesco Del Giocondo.

È al Louvre di Parigi che è custodita l’opera originale dipinta dal da Vinci fra il 1503 e il 1506 e da lui stesso donata a Francesco I di Francia nel 1516. Da qui subì diversi passaggi, nel 1800 arrivò persino nelle mani di Napoleone che la fece esporre nella sua camera da letto senza neppure sapere che si trattasse dell’opera di Leonardo, dicono le fonti. Ma tant’è. Perché in fondo si sa, tutti vogliono la Gioconda. Il suo sguardo misterioso che ti segue ovunque, il ghigno beffardo, la bellezza non comune fanno di lei l’opera più famosa del mondo, ammirata ogni giorno da circa 30mila visitatori. Tutti la vogliono e, non importa, se sia davvero Lisa Gherardini, o se sia, quella di Parigi l’unica e insostituibile Monna Lisa di Leonardo. Il suo volto vince su tutto. Il suo mistero si rigenera in continuo. Nel 2010 il mondo venne a conoscenza della presenza di un’altra Gioconda, la Monna Lisa del Prado di Madrid.

Una copia di immenso valore poiché fu dipinta nello stesso periodo e nello stesso laboratorio dell’originale, probabilmente da un allievo di Leonardo. È il Museo spagnolo ad averla in custodia, il suo prestigio è riconosciuto a livello internazionale. Ed ecco, adesso, Torino. La città che conserva, nel caveau dei Musei Reali, il prezioso Autoritratto attribuito a Leonardo, vede approdare presso le sale della Promotrice una “nuova” Monna Lisa, la prima, secondo la fondazione svizzera che la custodisce, dipinta dal maestro dieci anni prima quella del Louvre.

E’ una patacca, grida da sempre a voce alta Vittorio Sgarbi, insieme con altri esperti, in barba al resoconto di studi e indagini. Come potrebbe non essere esposta in un grande museo se fosse di Leonardo? Ha detto ha più riprese. E come non dargli torto. Introdotta da stanze con video spiegazioni degli studi, immagini che vanno a confrontare i sorrisi delle due gioconde, disegni geometrici per rivelarne similitudine e proporzioni, la prima Gioconda accoglie il visitatore in una stanza spoglia e buia dietro un tendone di velluto rosso nel tentativo di rendere una coreografia degna. A controllarla un paio di giovanissimi stuart quasi ignari e qualche body guard più massiccio che si aggira fra l’ingresso e i corridoi. Troppo poco per un’opera di Leonardo, per il dipinto da cui dieci anni dopo sarebbe nato il quadro dei quadri. Sta lì, beffardo con il suo ghigno a prova di fake fra volti curiosi, scettici, emozionati. Per Kant la realtà non è una, la verità è negli occhi di chi guarda, e chi guarda la prima Monna Lisa vede in essa ciò che più gli piace consapevole del fatto che, alla fine dei conti, l’ultima parola sta tutta nel ghigno beffardo dietro il quale - ci piace pensarla così - si è voluto nascondere il genio di Leonardo.



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