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Dal vivo

Luca Barbarossa: "De André andrebbe insegnato a scuola: le canzoni sono storie"

A tu per tu con il cantautore romano in concerto il 10 gennaio al Teatro Colosseo

Luca Barbarossa

Luca Barbarossa, romano de Roma

Non c’è da stupirsi se nei panni dello scrittore ha sbancato gli scaffali raggiungendo in brevissimo tempo la terza ristampa del suo “Cento storie per cento canzoni” (La Nave di Teseo). Perché in fondo lui, Luca Barbarossa, le storie le ha sempre raccontate con la sua chitarra a tracolla, la camicia casual e lo sguardo poetico. Lo ha fatto parlando della sua Roma (“Via Margutta”, “Roma spogliata”, “Roma è de tutti”), dei sentimenti (“Fine di un amore”, “L’amore rubato”, “Portami a ballare”), raccontando in musica la sua vita e quella degli altri rimanendo sempre legato alla realtà di tutti. E adesso, con lo stesso spirito del cantastorie, Luca Barbarossa, romano, classe 1961, sta girando l’Italia portando sul palco la versione teatrale di “Cento storie per cento canzoni” che lo vedrà protagonista al Teatro Colosseo di Torino il prossimo 10 gennaio. L’ennesimo contatto con quel pubblico che lo ama e che lo segue tutti i giorni in radio dove, al fianco di Ema Stokholma, conduce Radio2 Social Club, lo stesso pubblico che lo sta ammirando anche al cinema parte del cast di “Diamanti” di Ferzan Ozpeteck.

Un romano a Torino dove ha tantissimi fan...
«E da romano non c’è niente di meglio del Colosseo per esibirmi - racconta Barbarossa -. Sono stato spesso a Torino, anche allo stadio, sono venuto a soffrire qualche volta... A Torino ci sono italiani che vengono da tutte le parti d’Italia, il pubblico è vario e attento».


Come sarà lo spettacolo?
«E’ uno spettacolo costruito sulle storie e sulle canzoni, in tutto ci sono una ventina di brani, da Frank Sinatra a Vasco Rossi, da Lucio Battisti a Bob Dylan, dai Beatles a Paolo Conte, da Franco Battiato a Pino Daniele, li suonerò tutti».

Ci sarà spazio anche per il suo repertorio?
«Solo nel bis, lo devo ai fan...».

Da cantautore a scrittore il passo com’è stato?
«Scrittore è una parola enorme, mi sono scoperto autore, il linguaggio da questo punto di vista non cambia molto, io racconto cose che esistono come la storia delle canzoni, legata al cinema, ai fatti, alla televisione».

Un esempio, in sostanza, di quanto a scuola sarebbe utile introdurre fra le materie la storia della musica e del cantautorato.
«Sì, una lezione può partire da una canzone per raccontare un’epoca, se voglio raccontare gli anni Sessanta, per esempio, mi viene facile partire da Bob Dylan. Per gli anni Trenta, racconterei Torino e l’Eiar».

Per quanto riguarda i cantautori italiani, chi non potrebbe mancare?
«Fabrizio De André che parte dalla canzone francese, lui è solo un esempio».

Lei ha un buon rapporto con i social dove ha oltre 172mila follower, fa tutto da solo?
«Sì certo, a volte chiedo consulenza a qualcuno dal punto di vista grafico per non sbagliare, ma i post sono tutti miei. Sono un frequentatore discreto, amo comunicare cose che riguardano i miei spettacoli, mai la vita privata. Mi piace ringraziare il pubblico quando la serata è stata particolarmente sentita».


Sanremo: ci è stato nove volte, cos’ha significato per lei e cosa pensa del festival di oggi?
«Per me è stato importante perché mi ha dato la possibilità di presentare nuovi album, nuovi progetti. Il festival ti aiuta ad arrivare alla gente. Le ultime edizioni sono state eclatanti, faccio in bocca al lupo a Carlo Conti, Sanremo oggi è sempre più aderente con quelli che sono i gusti contemporanei».


A proposito, ci sarà anche Tony Effe reduce dal caso Capodanno a Roma, cosa pensa in merito?
«Sono contro qualsiasi censura, il pubblico è intelligente, può decidere da solo. E’ evidente che chi ha una responsabilità istituzionale, però, come il Comune di Roma, doveva pensarci prima. Ci andava più accortezza».

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